Tensione e chiarimenti al maxi-processo sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Tensione e chiarimenti al maxi-processo sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Il maxi-processo sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere continua con l’audizione dell’ex capo del Dap, Francesco Basentini, che affronta interrogativi su responsabilità e procedure adottate.
Tensione e chiarimenti al maxi
Tensione e chiarimenti al maxi-processo sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere - Gaeta.it

Il maxi-processo sulle violenze perpetrate ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, avvenute il 6 aprile 2020, ha visto un’altra audizione dell’ex capo del Dap, Francesco Basentini. La seduta, caratterizzata da toni accesi e momenti di scontro verbale, ha avuto luogo nell’aula bunker dell’istituto penitenziario, dove sono accusati 105 tra agenti della penitenziaria, funzionari del Dap e medici dell’Asl di Caserta. Basentini è stato chiamato a rispondere alle domande del pubblico ministero Alessandro Milita e degli avvocati difensori, dopo avere già fornito la sua testimonianza il 8 gennaio scorso.

La perquisizione del 6 aprile tra emergenza e procedure

Un punto centrale della discussione è stato il ruolo del provveditore campano alle carceri, Antonio Fullone, coinvolto nel processo. Milita ha ripreso una delle valutazioni fatte da Basentini nella sua testimonianza precedente, in cui dichiarava la perquisizione disposta da Fullone come “corretta”. Basentini ha spiegato che, nonostante la legge riservi il potere di disporre perquisizioni al direttore del carcere e al comandante della polizia penitenziaria, la situazione specifica il 6 aprile 2020 giustificava l’intervento di Fullone. Durante quel periodo, infatti, il carcere di Santa Maria Capua Vetere presentava gravi criticità, aggravate dall’assenza di un direttore titolare e da una generale emergenza legata al COVID-19, con rivolte diffuse in tutta Italia.

La testimonianza ha messo in evidenza la difficoltà nel coordinamento tra la direzione del carcere e il personale di polizia penitenziaria. Basentini ha confermato che il contesto di emergenza ha condotto a decisioni che, in circostanze normali, sarebbero state considerate discutibili. Questo aspetto ha fatto emergere interrogativi sulle procedure adottate e sulla responsabilità dei diversi attori coinvolti.

Il confronto tra Basentini e il pubblico ministero Milita

Durante il processo, il pm ha messo in discussione la coerenza delle affermazioni di Basentini, evidenziando un apparente cambiamento nel suo ragionamento. Quando interrogato su come fosse giunto a modificare la sua visione della questione della perquisizione, Basentini ha risposto facendo riferimento alla corrispondenza avuta proprio nei giorni dell’evento. Questa risposta ha provocato l’irritazione di Milita, il quale ha richiamato Basentini al fatto che in una precedente audizione avesse ammesso di non avere compreso inizialmente la natura autonoma della decisione presa da Fullone.

Il dialogo intenso ha portato a un intervento da parte dell’avvocato difensore di Fullone, Claudio Botti, il quale ha suggerito che il modo di interrogare da parte di Milita fosse finalizzato a intimidire il teste. Di fronte a queste affermazioni, il presidente della Corte d’Assise, Roberto Donatiello, ha chiesto al pm di astenersi dal proseguire su argomenti già trattati, ricordando l’importanza di mantenere il focus sui fatti.

Comunicazioni con il Ministro Bonafede: domande rimaste senza risposta

Un altro tema caldo durante l’udienza è stata la comunicazione con il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Milita ha chiesto a Basentini perché non avesse informato il ministro circa le violenze avvenute nel carcere, nonostante l’eco mediatica delle violenze fosse già emersa nei giorni successivi ai fatti. La risposta di Basentini, che ha sostenuto di non aver mai discusso dell’argomento con Bonafede poiché non era affiorata la gravità della situazione, ha lasciato perplessi sia il pm che il presidente Donatiello.

Questa parte del processo ha un significato particolare, non solo per le implicazioni legali, ma anche per le responsabilità politiche legate a queste violenze. Le domande rimaste senza risposta pongono interrogativi su come sia possibile che un evento così grave sia sfuggito all’attenzione del governo, sollevando preoccupazioni sui meccanismi di gestione delle emergenze nel sistema penitenziario italiano.

Ultimo aggiornamento il 15 Gennaio 2025 da Donatella Ercolano

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