Il trattato sulle acque del fiume Indo, stipulato nel 1960 tra India e Pakistan, rappresenta uno degli accordi più importanti per la gestione condivisa delle risorse idriche transfrontaliere. Dopo oltre sessant’anni, questo accordo è finito al centro di una nuova crisi diplomatica. L’India ha minacciato di sospenderlo, accusando il Pakistan di sostenere attività terroristiche legate a un attacco nel Kashmir indiano finito con la morte di 25 cittadini indiani e un nepalese. L’eventuale sospensione metterebbe in grave difficoltà Islamabad, che dipende per l’80% del fabbisogno idrico proprio dalle acque dell’Indo, rischiando così di compromettere l’agricoltura e la stabilità economica del paese.
Il trattato sulle acque del fiume Indo e gli accordi tra India e Pakistan
Il trattato del 19 settembre 1960 fu il frutto di nove anni di negoziati tra l’allora primo ministro indiano Jawaharlal Nehru e il presidente pakistano Ayub Khan, con la mediazione della Banca Mondiale. Questo accordo definisce in modo chiaro la gestione delle acque del fiume Indo e dei suoi affluenti. Il sistema fluviale in questione è tra i più importanti per l’agricoltura, l’industria e l’approvvigionamento idrico di entrambi i paesi.
Distribuzione dei fiumi secondo il trattato
Secondo il trattato, l’India controlla i fiumi orientali: Ravi, Beas e Sutlej. Il Pakistan invece detiene il controllo delle acque dei fiumi occidentali: Indo, Jhelum e Chenab, fondamentali per le province pakistane del Punjab e del Sindh. Entrambi i paesi possono utilizzare le acque per scopi limitati come irrigazione ed energia, ma il loro utilizzo deve rispettare le quote stabilite. La Banca Mondiale ha riconosciuto questo trattato come un esempio di cooperazione nella gestione transfrontaliera delle risorse idriche.
La nascita del conflitto e la necessità del trattato nel contesto storico
Dopo l’indipendenza dell’India dal Regno Unito nel 1947, la gestione delle acque del fiume Indo divenne fonte di scontro tra le neonate repubbliche indiana e pakistana. Il fiume nasce in Tibet, scende attraversando India e Pakistan, e attraversa anche alcune zone dell’Afghanistan e della Cina. Nel 1948, un anno dopo l’indipendenza, l’India bloccò temporaneamente il flusso dell’acqua verso il Pakistan, scatenando una crisi diplomatica.
Il Pakistan rivolse allora un appello alle Nazioni Unite, che consigliarono l’intervento della Banca Mondiale come mediatore per evitare una escalation. La situazione al confine era già tesa, con il Kashmir che rappresentava un punto caldo tra i due paesi. Alla fine, il trattato fu firmato nel 1960, stabilendo regole precise per l’uso delle acque e contribuendo a tenere sotto controllo le tensioni causate dalle risorse idriche.
Caratteristiche geografiche del fiume Indo
Il fiume Indo attraversa diverse regioni cruciali, collegando territori con economie fortemente dipendenti dall’acqua. Questo rende il trattato fondamentale non solo per i rapporti bilaterali ma anche per la stabilità regionale nel suo complesso.
Gli effetti potenziali della sospensione del trattato per il Pakistan
La possibile sospensione del trattato da parte dell’India porta con sé conseguenze pesanti per il Pakistan. Il paese dipende infatti per l’80% del suo fabbisogno idrico dal bacino fluviale dell’Indo. Questo significa che milioni di persone rischiano una riduzione dell’accesso all’acqua potabile. Ancor più a rischio è il settore agricolo, di cui una larga parte si concentra nelle province di Punjab e Sindh.
Il campo agricolo è cruciale per il Pakistan: contribuisce per il 23% al reddito nazionale e sostiene il lavoro di oltre il 68% della popolazione rurale. Una riduzione dell’acqua disponibile potrebbe quindi tradursi in minori raccolti, difficoltà per gli allevatori e un impatto diretto sulla sicurezza alimentare. Il rischio di un aumento dell’instabilità economica e sociale in queste regioni è reale e preoccupante.
La reazione del Pakistan e le implicazioni geopolitiche
La risposta del Pakistan alle minacce indiane è stata molto dura. Islamabad ha definito la possibile sospensione del trattato «un atto di guerra». La violazione dell’accordo sulle acque è vista come una mossa che può destabilizzare l’intera regione del subcontinente indiano. Le tensioni tra i due paesi, già accese per questioni territoriali e politiche, rischiano quindi di salire ulteriormente.
Ripercussioni sul piano internazionale
Le acque del fiume Indo sono un nodo strategico nei rapporti tra India e Pakistan. Qualsiasi modifica agli accordi potrebbe innescare ripercussioni anche a livello internazionale, coinvolgendo attori come la Banca Mondiale e le Nazioni Unite. Lo stato attuale fa riflettere sulla fragilità degli accordi stipulati decenni fa e sulla difficoltà di mantenere canali di dialogo aperti in un contesto geopolitico complesso.