Terribile storia di abusi sessuali coinvolge sacerdoti e giovani migranti: arresti in corso

Terribile storia di abusi sessuali coinvolge sacerdoti e giovani migranti: arresti in corso

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Terribile storia di abusi sessuali coinvolge sacerdoti e giovani migranti: arresti in corso - Gaeta.it

Un drammatico racconto di abusi sessuali e coercizione ha portato all’arresto di Padre NICOLA GILDI e di altri quattro individui, complici in una serie di aggressioni ai danni di giovani migranti. Le vicende si sono svolte nella provincia di NAPOLI, lasciando la comunità incredula di fronte a tali atrocità.

Il racconto della vittima

Testimonianze inquietanti

Un giovane africano, vittima degli abusi, ha offerto una testimonianza scioccante. “Padre Gildi, tramite me, ha sempre organizzato rapporti sessuali di gruppo a casa mia,” ha dichiarato il ragazzo, sottolineando che era costretto a essa per ricevere aiuto materiale, come cibo e supporto per l’assicurazione. La gravità della situazione emerge chiaramente dal racconto del giovane, il quale aggiunge che le richieste per organizzare queste orge erano rivolte al suo amico tramite messaggi.

La dinamica degli incontri

Questi incontri avvenivano con una frequenza mensile e coinvolgevano altri ragazzi, invitati attraverso app di incontri come “Ciao Amigos” e “Tinder”. Padre Gildi non solo partecipava a tali eventi, ma anche il giovane migrante era costretto a unirsi agli altri, minacciandolo di negargli aiuti essenziali se non ottemperava alle sue richieste. L’esperienza del giovane è rappresentativa di un sistema di coercizione operato da figure in posizione di autorità, sfruttando la vulnerabilità dei migranti.

L’ordinanza cautelare del gip

Accuse gravi nei confronti dei religiosi

Il Giudice per le Indagini Preliminari Caterina Anna Arpino ha redatto un’ordinanza cautelare che mette in evidenza “la straordinaria spregiudicatezza” dei due sacerdoti. Il documento denuncia le condotte perpetrate per diversi mesi, sottolineando come gli abusi siano avvenuti in un contesto dove i frati mal sfruttavano la loro posizione di potere. In particolare, il GIP ha evidenziato come il contesto lavorativo e di assistenza religiosa sia stato rovesciato a favore di pratiche predatorie.

La reazione delle autorità

La ferocia delle accuse ha spinto le autorità ad agire con celerità. I carabinieri di Afragola hanno effettuato arresti tempestivi, abbandonando ogni ombra di dubbio su ciò che accadeva sotto la facciata di assistenza religiosa. Gli inquirenti hanno messo in luce un sistema di abuso che mirava a sfruttare i giovani in condizioni di vulnerabilità.

Le interazioni con l’imprenditore

Comunicazioni compromettenti

Durante l’indagine, sono emerse comunicazioni tra Padre Gildi e l’imprenditore GIUSEPPE CASTALDO. Un messaggio inviato il giorno dopo un incontro cruciale riprende la richiesta di “risolvere” il problema dei cellulari sui quali c’erano prove compromettenti. Le interazioni tra i due mettono in evidenza un ulteriore strato di coinvolgimento e complicazione nel già tragico scenario.

La risposta di Castaldo

La risposta di Castaldo a Padre Gildi ha rivelato una devozione profonda nei confronti della Chiesa e dei santi. “Mi fa piacere averti conosciuto,” ha scritto, dimostrando una fiducia che, sebbene genuina, risulta tragicamente mal riposta. Con queste comunicazioni, la storia si ricollega a un contesto di manipolazione e abuso di potere, dimostrando come il sistema di credenze possa essere strumentalizzato per perpetuare comportamenti inaccettabili.

Le conseguenze legali e le indagini

L’aggressione alle vittime

Le indagini hanno rivelato un’aggressione violenta orchestrata da Danilo Bottino e Biagio Cirillo, inviati da Castaldo per recuperare i telefoni delle vittime. I due hanno sfondato la porta della casa dei migranti, minacciando con una mazza da baseball. Questo tentativo di intimidazione si è purtroppo trasformato in violenza fisica, lasciando una delle vittime ferita. Bottino ha tentato anche di depistare le indagini con una falsa denuncia di furto.

L’intermediazione tra i frati e la criminalità organizzata

Il coinvolgimento di Antonio Di Maso, un imprenditore accusato di fungere da intermediario tra Padre Gildi e il mandante dell’aggressione, ha ulteriormente complicato il quadro. Di Maso è stato associato a contatti con la criminalità organizzata, rivelando come la rete di abusi si estendesse ben oltre la mera interazione tra i frati e le vittime. Questo legame con attività criminose ha messo in evidenza la necessità di un’indagine approfondita da parte delle autorità di giustizia.

Un caso drammatico che ha scosso le fondamenta della comunità locale e mostrato le fragilità di un sistema che avrebbe dovuto offrire protezione e supporto.

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