The Electric State: Un viaggio tra tecnologia e umanità in un'epoca di conflitti

The Electric State: Un viaggio tra tecnologia e umanità in un’epoca di conflitti

“The Electric State” esplora il conflitto tra umani e robot in un futuro distopico, ma la sua trasposizione cinematografica delude per superficialità narrativa e mancanza di connessione emotiva.
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The Electric State: Un viaggio tra tecnologia e umanità in un'epoca di conflitti - Gaeta.it

Nei primi anni Novanta, un conflitto globale tra umani e robot ha segnato un’era. Questo scontro epocale si è concluso nel 1994 con la firma di un trattato di pace tra Bill Clinton, all’epoca presidente degli Stati Uniti, e Mr. Peanut. Il trattato ha sancito l’esilio dei robot superstiti in vaste aree desertiche. L’umanità ha prevalso grazie all’intuizione di Ethan Skate, un magnate della tecnologia che ha creato dispositivi di realtà virtuale, i Neurocaster, ora presenti in tutto il mondo. L’innovazione di queste tecnologie ha profondamente cambiato la vita quotidiana, rendendo ora possibile immergersi in un’esperienza immersiva a livelli mai visti prima.

La trama di The Electric State

Nel cuore di The Electric State troviamo Michelle, un’adolescente che ha subito una perdita devastante. In un tragico incidente automobilistico ha perso la sua famiglia, incluso il fratello minore Christopher, un prodigio nel campo dell’informatica. La storia si sviluppa quando Michelle riceve la visita di un robot caratteristico, che sembra rievocare i ricordi del fratello scomparso. Questo incontro la guiderà attraverso un’avventura straordinaria, che la porterà a collaborare con Keats, un contrabbandiere. Insieme esploreranno un nuovo mondo intriso di segreti e verità nascoste, scoprendo legami profondi che uniscono il passato e il futuro.

Lungo il percorso, Michelle e Keats scopriranno la vera natura di questo universo governato dalla tecnologia e dai suoi echi maligni. Le esperienze di Michelle non sono solo un viaggio esteriore, ma un’immersione emotiva che si confronta con la perdita, la memoria e il desiderio di connessione in un mondo dove il confine tra reale e artificiale diventa sempre più sfocato.

La critica a The Electric State

The Electric State si presenta come un’opera che tenta di riportare in auge lo spirito dei grandi blockbuster degli anni passati, senza però riuscire a offrire una narrativa realmente innovativa. Sebbene la graphic novel da cui è tratto, scritta da Simon Stålenhag e pubblicata nel 2018, avesse elementi di grande forza visiva e narrativa, questa trasposizione cinematografica sembra snaturare alcuni dei suoi elementi chiave. Le scelte estetiche e cine-filosofiche del film, concepito per un pubblico moderno e abituato a effetti speciali strabilianti, cedono il passo a una superficialità che non rende giustizia all’opera originale.

Con un budget record di 320 milioni di dollari, prodotto da Netflix, il film ha puntato tutto sugli effetti speciali a discapito di una scrittura solida. Le relazioni tra i personaggi e le loro evoluzioni risultano piatte, distaccandosi da una possibile connessione emotiva con il pubblico. Il gioco tra azione e battute leggere si rivela spesso inefficace, creando un ritmo che stanca e rende difficile mantenere l’interesse.

Il cast e la direzione dei fratelli Russo

Il film presenta un cast di nomi noti, comprendendo Millie Bobby Brown, reduce dal successo di Stranger Things, e Chris Pratt, il cui personaggio si distacca nettamente dalla sua interpretazione di Star-Lord in Guardians of the Galaxy. Accanto a loro, attori di spicco come Stanley Tucci, Giancarlo Esposito e Ke Huy Quan, il quale ha visto la sua carriera rinascere grazie a questo progetto, affiancano diversi talenti vocali che danno vita ai robot del film. Nonostante le aspettative elevate, i fratelli Anthony e Joe Russo sembrano non trovare la chiave giusta per sfruttare il potenziale di questa produzione, limitando il loro contributo a una serie di scelte narrativamente deboli e prevedibili.

Il dialogo tra i personaggi, anziché risultare incisivo o memorabile, spesso appare come un riempitivo che non riesce a sorreggere un lungometraggio di oltre due ore. Il conflitto finale, purtroppo, non si discosta dai cliché tipici del genere, con soluzioni narrative che sembrano largamente previste.

Un’opera tra nostalgia e delusione

The Electric State offre una visione di un conflitto tra umani e robot, ma solo in modo superficiale, evidenziando la dipendenza di una società dalle tecnologie. La figura di Michelle, alla ricerca del fratello e alle prese con un contrabbandiere dall’animo gentile, non riesce a fornire un significativo contributo alla storia, che sembra spesso appiattirsi nella sua rappresentazione di un mondo futuristico e distrutto.

Nonostante il grande investimento, il film non riesce ad offrire un’esperienza duratura. Il suo approccio si presenta più come un prodotto consumabile, che non lascia una traccia profonda nella mente dello spettatore. The Electric State si distacca da un’opera significativa per entrare nel novero di storie dimenticabili, mettendo in discussione la capacità del cinema contemporaneo di tradurre con successo opere visive di grande impatto in narrazioni appassionate ed efficaci.

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