Timori per i nuovi dazi americani sul Pecorino Romano: cosa aspettarsi dalla filiera

Timori per i nuovi dazi americani sul Pecorino Romano: cosa aspettarsi dalla filiera

Il governo statunitense annuncia nuovi dazi sul Pecorino Romano, suscitando preoccupazioni tra i produttori italiani per l’impatto sui prezzi e sulle esportazioni, già in leggera flessione.
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Timori per i nuovi dazi americani sul Pecorino Romano: cosa aspettarsi dalla filiera - Gaeta.it

L’annuncio dei nuovi dazi da parte del governo statunitense ha sollevato preoccupazioni significative all’interno del Consorzio di tutela del Pecorino Romano. Questo prodotto, che arriva da Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto, rappresenta una tradizione locale e un’importante fonte di income per molti produttori. Ma cosa significa per la filiera e per il prezzo di mercato? Le recenti dichiarazioni del presidente del Consorzio offrono uno spaccato utile per capire l’impatto che queste misure potrebbero avere.

La situazione attuale del pecorino romano

Il Pecorino Romano ha mantenuto un prezzo stabile sulla borsa milanese, attestandosi attorno ai 12 euro al chilogrammo dall’ottobre 2024. Tuttavia, nonostante questa apparente stabilità, il mercato sta registrando una leggera flessione. Gianni Maoddi, presidente del Consorzio, ha confermato le preoccupazioni: “Le uscite di merce nell’ultimo mese segnano un piccolo rallentamento.” Questo vuol dire che le aziende del settore, già alle prese con la gestione di scorte, si trovano ora a dover fronteggiare ulteriori incertezze.

L’industria casearia lavora a magazzino, accumulando prodotto con la speranza di vendere. Se i dazi stimati al 25% verranno effettivamente applicati, potrebbero generare uno squilibrio pesante sul mercato. Secondo Maoddi, questo scenario potrebbe tradursi in un calo dei consumi, con ripercussioni dirette sul mercato nazionale e su quello internazionale. L’incertezza implica che le aziende non sappiano come organizzarsi e pianificare le proprie strategie commerciali, creando un clima di inquietudine tra i produttori.

L’impatto dei dazi sulle esportazioni

Tornando al 2019, il Pecorino Romano fu escluso dalla lista nera dei dazi americani, trattandosi di un formaggio senza concorrenti diretti negli Stati Uniti. Mentre i formaggi di importazione, come quelli da grattugia, sono normalmente prodotti con latte bovino, il Pecorino Romano è unico per il suo dal latte ovino. Questa peculiarità ha permesso agli esportatori di conquistare il mercato americano con una quota rilevante delle spedizioni.

Oggi, le proiezioni del Consorzio indicano che, con un dazio del 25%, i cittadini e le industrie alimentari statunitensi potrebbero dover affrontare un incremento dei costi pari a 45 milioni di dollari. Su un totale di 35mila tonnellate prodotte nelle aree di origine, ci sono ben 13mila tonnellate destinate agli Usa. Questa cifra costituisce circa il 40% dell’export totale, generando un fatturato notevole di 180 milioni di dollari. Le restanti esportazioni si distribuiscono prevalentemente tra l’Unione Europea, il Canada e il Giappone, con il mercato nazionale che riceve parte della produzione.

Lo sviluppo di nuovi mercati

Il Consorzio non è rimasto inerti di fronte a queste sfide. Gli sforzi per promuovere il Pecorino Romano si sono amplificati, portando a esplorare mercati alternativi in Asia. Gianni Maoddi ha recentemente partecipato al Foodex di Tokyo, evidenziando l’interesse per il prodotto sul mercato giapponese. Nonostante questo, Maoddi ha espresso dei dubbi: “Attualmente non c’è nessun mercato che possa sostituire in parte quello americano,” ha commentato. Il confronto tra i due mercati è emblematico, poiché il volume di vendita del Pecorino Romano negli Stati Uniti in una settimana equivale a quello che il Giappone riesce a vendere in un anno.

La promozione in nuovi mercati è fondamentale per attenuare l’impatto di eventuali dazi. Tuttavia, l’assenza di alternative valide rende più arduo il compito per i produttori italiani, che continuano a monitorare la situazione con attenzione. Gli esiti di questa dinamica commerciale potrebbero avere effetti a lungo termine su quello che è considerato un pilastro della tradizione gastronomica italiana.

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