La vicenda della morte di Fabiana Chiarappa, avvenuta il 2 aprile sulla provinciale 172 tra Turi e Putignano, riapre il dibattito sugli incidenti stradali con vittime. Sotto indagine c’è don Nicola D’Onghia, sacerdote di 54 anni accusato di omicidio stradale e omissione di soccorso. Le prove raccolte finora hanno individuato tracce di sangue sulla sua auto, una Fiat Bravo, durante gli accertamenti eseguiti nei giorni successivi al sinistro. Gli inquirenti cercano di capire se quel sangue appartenga alla vittima e quale sia stato il nesso tra l’impatto con la macchina e il decesso della giovane rugbista e soccorritrice del 118.
Il ruolo della magistratura e l’attesa per l’autopsia
La procura di Bari, con la pm Ileana Ramundo responsabile delle indagini, sta lavorando per definire la causa esatta della morte di Fabiana Chiarappa. Le analisi tecniche e le testimonianze raccolte rappresentano solo alcuni dei passaggi di un iter complesso. Fondamentale sarà il risultato dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra circa un mese. Sarà proprio questo documento a dare un quadro più chiaro sulla tempistica e sulle cause della morte della giovane.
Analisi dell’autopsia e implicazioni legali
Con la relazione medica si potrà capire se Fabiana sia deceduta per il trauma causato dal muretto oppure per l’impatto con l’auto di don D’Onghia. Si attendono dati precisi su eventuali segni di lesioni compatibili con entrambi gli eventi. Questa distinzione potrebbe modificare l’impostazione del procedimento penale che vede il sacerdote al centro dell’inchiesta.
Il lavoro degli inquirenti in queste settimane passa anche dall’analisi delle telecamere, dalle testimonianze e dal rilievo degli elementi materiali. Le maglie temporali del sinistro, la distanza percorsa dal prete dopo l’impatto e la diffusione delle tracce biologiche susciteranno ulteriori approfondimenti per risolvere i dubbi ancora presenti. La fase investigativa prosegue in modo serrato su più fronti.
Il contesto dell’incidente e le prime ricostruzioni
Nella sera del 2 aprile Fabiana Chiarappa stava viaggiando sulla sua moto Suzuki lungo la provinciale 172, strada che collega i comuni di Turi e Putignano, una zona poco illuminata e a scarsa visibilità nelle ore serali. Per ragioni ancora da accertare, la 32enne avrebbe perso il controllo del mezzo, finendo fuori strada e urtando un muretto a secco. L’incidente ha scatenato immediatamente l’intervento dei soccorsi e delle forze dell’ordine, consapevoli della situazione delicata. Le prime testimonianze non hanno ancora chiarito se Fabiana sia morta nell’impatto contro il muretto o successivamente in conseguenza del contatto con l’auto guidata da don Nicola D’Onghia.
Il sacerdote percorreva la stessa via pochi istanti prima che si verificasse l’incidente. Nel buio ha sentito un rumore sotto la sua vettura «come se avessi colpito una pietra», ma non si è accorto di moto o persona. Dopo aver raggiunto una stazione di servizio per un controllo rapido all’auto, è tornato verso casa senza sapere ancora di cosa fosse successo poco distante.
Le indagini e i riscontri tecnici sul veicolo del prete
Gli accertamenti sulle condizioni della Fiat Bravo di don Nicola D’Onghia sono stati fondamentali per fornire elementi concreti al fascicolo d’indagine. Nei giorni successivi all’incidente, i carabinieri hanno rilevato la presenza di tracce ematiche sull’auto. Il test ha confermato che si tratta di sangue, ma il punto ancora da definire riguarda l’identità della vittima a cui appartengono quelle macchie.
La presenza di sangue sull’auto è un indizio molto importante nei casi di sinistri con lesioni gravi o mortali. Potrebbe indicare un contatto diretto tra la vettura e la persona incidentata oppure un coinvolgimento in seguito all’uscita dalla strada. Stabilire se il sangue sia di Fabiana Chiarappa aiuterà a ricostruire la dinamica precisa dell’incidente e verificare la responsabilità del prete nell’evento.
La versione di don nicola d’onghia
Don D’Onghia è assistito da due legali, gli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota, ai quali si è rivolto dopo aver appreso la notizia dai media il giorno seguente all’incidente. Durante gli interrogatori, ha sempre sostenuto di non aver visto la moto né la donna e di aver sentito solo un rumore insolito alla guida. Questo racconto sarà confrontato con le evidenze e con i rilievi effettuati per chiarire cosa sia realmente successo.