L’area di Talanico, frazione collinare del comune di San Felice a Cancello, è stata colpita da una drammatica alluvione, che ha lasciato un segno profondo e doloroso nei cuori dei residenti. Il violento passaggio di un fiume di fango ha causato danni ingenti e, tragicamente, ha portato alla scomparsa di due persone. Mentre la comunità si mobilita per ripulire e ricostruire, si sollevano interrogativi sulla gestione del territorio e sulle misure di prevenzione.
La devastazione e il dolore nel comune di San Felice a Cancello
Il giorno dopo il disastro, le strade di Talanico sono invase da macerie e detriti. I residenti, uniti dalla tristezza, si sono rimboccati le maniche per ripulire le loro case e le cantine dai resti del fango che ha invaso ogni angolo. “Bisogna ripartire subito” è il mantra che risuona tra le abitazioni danneggiate. Nonostante la devastazione, i titolari di due bar e della macelleria locale hanno riaperto i loro esercizi, agendo in questa fase straordinaria di emergenza che richiede resilienza e determinazione.
Le voci della comunità esprimono un sentimento di abbandono, sottolineando la scarsa manutenzione del territorio da parte delle istituzioni. Alcuni residenti lamentano che, oltre a fango e detriti, dalla collina abbiano fatto la loro comparsa anche ingombranti e rifiuti. Tuttavia, in questo momento di crisi, preferiscono concentrarsi sulla ricostruzione piuttosto che alimentare polemiche. Il sindaco di San Felice a Cancello, EMILIO NUZZO, ha messo in evidenza la tragica esperienza dell’area, già colpita da alluvioni in passato, e ha dichiarato lo stato di calamità naturale, sentendosi con la comunità “un po’ abbandonati” nonostante i ripetuti avvertimenti sul dissesto idrogeologico.
Le operazioni di soccorso e le ricerche dei dispersi
Le operazioni di ricerca dei dispersi sono guidate dai vigili del fuoco, che stanno lavorando senza sosta per localizzare AGNESE MILANESE, 74 anni, e suo figlio GIUSEPPE GUADAGNINO, 42 anni. I soccorritori stanno utilizzando cani molecolari, droni, gommoni e sommozzatori per scandagliare una vasta area coperta di fango e macerie, estesa per oltre due chilometri. Nella notte precedente, era stata trovata l’Apecar su cui i due viaggiavano, ridotto a un rottame, in un canalone nel cuore della frazione.
Secondo la ricostruzione degli eventi, madre e figlio erano usciti per raccogliere noci, preoccupati per il raccolto in imminente pericolo a causa della pioggia. Quando il maltempo ha colpito con violenza, si sono affrettati a mettersi in salvo, ma il destino ha voluto diversamente. Raffaele, il figlio di Agnese e fratello di Giuseppe, ha assistito impotente all’evento tragico: “Erano dietro di me – racconta tra le lacrime – poi ad una curva io sono passato e loro non li ho visti più.” Le sue parole riflettono la paura di perdere l’unico sostegno rimasto in famiglia, poiché un altro fratello era morto molti anni prima.
Il ruolo delle istituzioni e le cause del disastro
Il prefetto di Caserta, GIUSEPPE CASTALDO, è giunto sul posto per coordinare le operazioni di ricerca e per garantire la sicurezza dell’area. Dopo un sopralluogo e una riunione in Comune, ha comunicato il rafforzamento delle unità incaricate di trovare i dispersi. Una delle possibili cause della gravità del disastro è stata attribuita all’incendio che ha devastato la pineta della collina all’inizio di agosto. La mancanza di alberi potrebbe aver indebolito il terreno e quindi accelerato la frana.
Il sindaco Nuzzo ha ribadito l’importanza di affrontare il dissesto idrogeologico della zona, sottolineando che le segnalazioni riguardanti la fragilità del territorio erano state fatte in passato senza riscontro. Le frane e gli allagamenti non sono un fenomeno nuovo per Talanico; la storia dell’area è segnata da eventi simili, inclusa l’alluvione del 1998. Ora, con la comunità in ginocchio, quanto accaduto mette in evidenza l’importanza di misure preventive più efficaci e di una manutenzione costante del territorio per evitare futuri disastri.