Un episodio drammatico ha scosso il carcere di Bancali a Sassari, dove un detenuto di 36 anni, originario del Nord Africa, è stato trovato morto nella sua cella. Le condizioni del corpo e alcuni elementi trovati sul posto hanno subito fatto nascere dubbi sulle cause del decesso. Intanto le autorità penitenziarie e i sindacati chiedono interventi immediati per mettere in sicurezza gli ambienti detentivi.
L’uomo è stato scoperto ormai privo di vita dagli agenti della polizia penitenziaria durante un normale controllo della cella. Accanto al suo corpo era presente una bomboletta di gas, comunemente usata dai detenuti per cucinare o scaldare cibi. L’area era pervasa da un forte odore di gas. In cella c’era anche un altro detenuto, che non si era accorto di nulla fino all’intervento degli agenti.
il ritrovamento del corpo e le condizioni in cella
La vicenda è accaduta all’interno del carcere di Bancali, una struttura nota per alcune criticità da tempo. Nel momento in cui gli agenti hanno aperto la cella, hanno trovato il 36enne riverso a terra in stato di incoscienza. L’aria sulla scena aveva infatti un odore intenso di gas, proveniente dalla bomboletta da fornello lasciata accanto al cadavere. La presenza dell’altro detenuto, che ha confermato di non aver notato nulla, ha reso più complessa la ricostruzione.
Sul posto sono intervenuti gli operatori sanitari, ma per il detenuto non c’è stato nulla da fare. Non sono stati immediatamente diffusi dettagli sulle cause ufficiali della morte, ma il quadro fatto emergere ha spinto a trattare l’episodio come un caso grave, dal punto di vista sia umano sia di sicurezza interna alla struttura.
ipotesi sulle cause e le indagini in corso
Al momento gli accertamenti sono attivi, condotti dagli inquirenti penitenziari e dai responsabili della casa circondariale. La complicata scena lascia aperte più possibilità. Si sta valutando se l’uomo abbia utilizzato volontariamente il gas per togliersi la vita, oppure se la morte derivi da un incidente legato all’inalazione, ad esempio in seguito a un uso improprio o a una “sballo” finito male.
La bomboletta da fornello è stata regolarmente autorizzata all’uso dai detenuti per scopi culinari e di riscaldamento di alimenti o bevande. Questo però rappresenta anche un fattore di rischio, come più volte sottolineato dai rappresentanti della polizia penitenziaria e dai sindacati.
l’allarme del sindacato sappe e le richieste di sicurezza
Il sindacato Sappe, tramite i suoi rappresentanti locali e nazionali, ha denunciato duramente l’accaduto, definendo la morte del detenuto una tragedia grave e invitando a rivedere le regole sulle bombolette a gas nelle carceri. Antonio Cannas, delegato del Sappe per la Sardegna, ha dichiarato che si tratta di un episodio drammatico che potrebbe essere stato provocato da volontà suicida oppure da un “sballo” con il gas.
Cannas ha più volte chiesto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di sostituire le bombole a gas con piastre elettriche all’interno delle celle. Questa proposta ha un doppio obiettivo: eliminare il rischio di incidenti dovuti al gas e ridurre il pericolo di aggressioni o atti violenti contro il personale penitenziario.
Le bombolette, infatti, sono state più volte usate impropriamente, anche come strumenti di minaccia o pericolose improvvisazioni contro chi lavora nelle carceri. Il sindacato auspica che regolamenti e misure vengano rivisti in tempi brevi, mettendo al centro la sicurezza degli agenti e dei detenuti.
lo stato attuale delle carceri italiane: violenze e tensioni in aumento
Le tensioni nelle carceri italiane sono salite negli ultimi tempi, e il caso di Bancali si inserisce in un quadro preoccupante. Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha sottolineato come negli ultimi mesi episodi di suicidi, risse, aggressioni e anche tentativi di evasione si siano moltiplicati. Questi fatti indicano una grave crisi nei penitenziari, riflesso delle politiche passate che hanno indebolito la gestione della sicurezza.
Il sistema penitenziario per adulti e minori mostra crepe profonde in molte città, con organici spesso insufficienti e strutture datate. Il malessere tra i detenuti cresce e la pressione sui pochi agenti in servizio si rivela sempre più difficile da gestire. Da più parti si chiedono interventi concreti e urgenti per riportare ordine dentro le celle e garantire condizioni più sicure a chi vive e lavora dietro le sbarre.
L’episodio di Sassari segna una nuova vittima in un contesto già fragile. Il dibattito sulle condizioni dei detenuti, sulla sicurezza degli agenti e sulle misure da adottare per evitare tragedie simili resta aperto e delicato. Le prossime settimane saranno cruciali per documentare i dettagli esatti del decesso, e per valutare quali soluzioni adottare per evitare che altre vite possano disperdersi in situazioni paragonabili.