Un giovane di origini algerine, Harar, di 32 anni, ha trovato la morte nel carcere di Poggioreale, a Napoli, in circostanze estremamente drammatiche. Il fatto è accaduto quando il detenuto ha deciso di impiccarsi nel bagno della propria cella, utilizzando una corda rudimentale realizzata con un lenzuolo intrecciato. Questa tragedia mette nuovamente in evidenza le problematiche che affliggono il sistema carcerario italiano, in particolare nelle strutture sovraffollate e in condizioni igieniche precarie.
Condizioni di vita nel carcere di Poggioreale
Poggioreale è noto per le sue difficoltà, in particolare per quanto riguarda le condizioni di vita all’interno delle celle. Il 32enne si trovava in una stanza angusta, condivisa con altri cinque detenuti, tutti con spazi limitati e senza adeguati comfort. Il Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, ha parlato della scarsa igiene presente nelle celle e della mancanza di assistenza adeguata, evidenziando un ambiente che contribuisce a un’escalation di tensione e disagio tra i detenuti.
Il carcere è stato teatro di innumerevoli segnalazioni riguardanti i limiti della sorveglianza, soprattutto durante le ore notturne, quando la presenza degli agenti di controllo è notevolmente ridotta. Ciambriello ha denunciato che, nelle ore notturne, può esserci anche un solo agente coinvolto nella sorveglianza di due piani, una situazione che non consente di soddisfare le necessità di sicurezza e protezione dei detenuti.
Nuova condanna e l’impatto sulla salute mentale
Harar era stato trasferito da due mesi dal carcere di Benevento a Poggioreale. Recentemente, aveva ricevuto la notifica di una nuova condanna. Questo evento potrebbe aver influenzato il suo stato d’animo, contribuendo alla scelta tragica di togliersi la vita. Le condizioni psicologiche che i detenuti affrontano sono una questione critica. La perdita di speranza e il senso di isolamento, accentuati dal sovraffollamento, aumentano il rischio di atti estremi.
Il Garante ha raccolto testimonianze da diverse sezioni della comunità penitenziaria, inclusi detenuti, agenti e educatori, tutti concordi nel ritenere che sia fondamentale un intervento serio e immediato. Ciambriello ha messo in luce la carenza di personale sanitario di supporto, lamentando che bisogna agire tempestivamente quando si intravedono problematiche psicologiche, perché ogni attimo può essere decisivo per salvare una vita.
Il quadro allarmante dei suicidi in carcere
L’episodio di Poggioreale si inserisce in un contesto nazionale preoccupante. Dall’inizio del 2025, in Italia, si sono registrati 23 suicidi all’interno delle carceri e 378 tentativi, segnalati come preoccupanti statistiche che non possono essere sottovalutate. In Campania, sono stati registrati due suicidi, entrambi avvenuti nel carcere di Poggioreale, un fatto che evidenzia una crisi persistente. Solo nell’istituto napoletano si contano otto tentativi da inizio anno, oltre a un caso nella Rems di San Nicola Baronia.
Questa emergenza, secondo Ciambriello, non è una novità. Da decenni, la questione della salute mentale e del trattamento dei detenuti è rimasta irrisolta. Le carenze nei servizi di supporto psicologico e nelle attività di riabilitazione sono una realtà che condanna molti detenuti a vivere in condizioni penose.
Richiesta di interventi concreti
La situazione attuale ha portato Ciambriello a lanciare un appello per una riforma significativa del sistema penitenziario. Ha criticato la politica che si limita a proporre la costruzione di nuovi edifici senza affrontare le questioni fondamentali riguardanti il benessere dei detenuti.
“Serve garantire una pena dignitosa”, ha affermato, sottolineando l’urgenza di azioni concrete per migliorare le condizioni di detenzione. La comunità penitenziaria, composta da educatori, agenti e detenuti, sta chiedendo a gran voce un cambiamento reale, in grado di rispondere alle necessità umane e di prevenire ulteriori tragedie come quella di Harar.