Quest’anno la Pasqua ortodossa e quella cattolica si sono allineate in una rara coincidenza di calendario, offrendo uno sfondo insolito in un momento denso di tensioni internazionali. Nel contesto del conflitto in Ucraina, questa sovrapposizione ha visto emergere un tentativo di tregua ma anche forti dubbi sulle reali possibilità di pace. Le ultime settimane hanno mostrato segnali di una pausa nei combattimenti, ma tra attacchi e scetticismo le speranze restano in bilico.
la dichiarazione di tregua unilaterale da parte di putin e la reazione a kiev
Il 2025 vedrà un episodio particolare, con Vladimir Putin che ha annunciato una tregua di trenta ore a partire dalle 17 di ieri, ora italiana. Il presidente russo ha motivato la sospensione delle ostilità con ragioni umanitarie, invitando l’esercito ucraino a rispettare questa pausa. Ha tuttavia precisato che le truppe russe sarebbero rimaste in stato d’allerta, pronte a rispondere a qualunque provocazione.
L’annuncio è arrivato durante un incontro con il capo di stato maggiore Valery Gerasimov, un momento inatteso in un conflitto che dura ormai da mesi senza svolte decisive. L’intenzione di Putin sembrerebbe quella di mostrare una certa apertura al dialogo, anche se il tono delle sue parole ha mantenuto un’accortezza militare evidente.
risposta da kiev
La risposta da Kiev è stata immediata e dure. Poco prima dell’inizio della tregua, sono suonati gli allarmi aerei in molte zone dell’Ucraina e le autorità hanno segnalato un attacco con droni. Il presidente Volodymyr Zelensky ha definito la tregua un tentativo russo di “giocare con le vite umane”, mostrando un chiaro scetticismo verso le reali intenzioni di Mosca. Il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, ha aperto a una tregua più lunga, fino a trenta giorni, riconoscendo però la diffidenza storica nei confronti delle parole del Cremlino, senza traduzioni concrete in azioni.
Le tensioni rimangono alte, mentre le voci interne al governo ucraino segnalano aperture minime verso proposte di pace. Fonti riferite al ministro della Difesa Rustem Umerov sostengono infatti, secondo il New York Post, che Kiev sia pronta ad accettare per il 90% la proposta di pace che proviene dalla Casa Bianca. Questa proposta è emersa dopo i colloqui di Parigi del giovedì precedente, che hanno coinvolto rappresentanti francesi, tedeschi, inglesi e ucraini insieme al segretario di stato americano Marco Rubio.
l’impasse sul campo e lo scenario delle vittime civili nell’ultimo periodo
L’intenzione comune di rompere l’impasse tra Mosca e Kiev si scontra con la realtà di un conflitto che da mesi mostra poche variazioni. I fronti restano stabili, senza progressi significativi da entrambe le parti. Gli attacchi russi, giudicati intensi nelle settimane recenti, hanno causato numerose vittime civili. Secondo dati raccolti dalle Nazioni Unite nel marzo scorso, gli ucraini rimasti uccisi sono stati 164, con 915 feriti, corrispondenti ad un aumento del 50% rispetto al mese precedente.
Questi numeri fanno emergere una realtà fatta di alto costo umano, specie per la popolazione civile, che continua a subire direttamente le conseguenze di bombardamenti e incursioni. Tale situazione aumenta la pressione politica e sociale sia su Kiev che sugli alleati internazionali, spingendo verso una possibile soluzione di compromesso, ma allo stesso tempo mettendo a rischio la stabilità dell’area.
tensioni geopolitiche
Sullo sfondo rimangono anche le tensioni interne alle alleanze geopolitiche che coinvolgono Washington e i partner europei. Le dinamiche politiche esterne al campo di battaglia possono influire sulle prospettive di una vera de-escalation.
la posizione degli stati uniti e la gestione ambivalente del conflitto
Negli Stati Uniti è intervenuto anche il presidente Donald Trump, che venerdì scorso ha detto come i negoziati tra Mosca e Kiev stiano finalmente raggiungendo un punto fermo. Ha sottolineato come entrambe le capitali partecipino senza secondi fini. Questo avviene dopo che alcuni membri del suo entourage, tra cui Marco Rubio, si erano dimostrati impazienti riguardo ai risultati concreti.
Appare evidente un cambiamento nel modo di rapportarsi verso l’Ucraina da parte dell’amministrazione a stelle e strisce. Rispetto ai tempi dello scontro diretto tra Trump e Zelensky, ora si nota un atteggiamento più bilanciato. Sono stati raggiunti nuovi accordi economici e si mantiene l’assistenza in materia di intelligence, pur senza rinunciare a richiami verbali spesso rivolti alla Russia.
Questa attitudine riflette una strategia che cerca di mantenere un equilibrio tra le due nazioni in guerra, evitando schieramenti eccessivi. Tuttavia, tale equilibrio si basa su un terreno instabile, perché entrambi i contesti politici interni sono sensibili a sviluppi militari e diplomatici. Questa gestione ambivalente rischia di travolgere i tentativi di pace se non sarà accompagnata da azioni concrete.
i nodi territoriali e le possibili concessioni sul conflitto
Un punto cruciale nelle trattative resta la questione dei territori occupati, atomo spesso di contesa durante le fasi di dialogo. Fonti di Bloomberg hanno riportato che gli Stati Uniti potrebbero essere pronti a riconoscere il controllo russo sulla penisola di Crimea, annessa nel 2014 da Mosca. Una decisione simile avrebbe implicazioni rilevanti sul diritto internazionale e probabilmente sarebbe osteggiata fortemente da Kiev.
situazione sul campo
Parallelamente, ieri fonti militari russe hanno dichiarato che Mosca si sta avvicinando al controllo totale dell’area nel corso dell’offensiva iniziata ad agosto nella regione di Kursk. Questa affermazione potrebbe preludere a un clima capace di accettare una sospensione delle ostilità , almeno parziale.
Sul terreno continuano gli scontri secondari, anche al confine con l’oblast russa di Belgorod, nonostante i tentativi di focalizzare l’attenzione su territori contesi più strategici. La percezione reciproca e il peso psicologico di queste aree connotano profondamente le carte in mano ai negoziatori.
In questa fase, le considerazioni materiali sembrano guidare le decisioni più delle intenzioni umanitarie. L’esercito ucraino deve gestire la fatica accumulata, mentre Putin ricerca un risultato da mettere in mostra all’interno del proprio paese. Il recente calo del prezzo del petrolio pesa sull’economia russa, influenzando la posizione di Mosca nel conflitto.
scambio record di prigionieri e mediazione internazionale
In un’altra mossa significativa, ieri si è svolto il più grande scambio di prigionieri dall’inizio della guerra. Sono stati liberati 246 russi e 277 ucraini, un processo facilitato dalla mediazione degli Emirati Arabi, che hanno svolto un ruolo di intermediari.
Questo scambio ha rappresentato un segnale concreto, unico nelle ultime settimane di stallo militare e diplomatico. L’evento potrebbe indicare un certo clima di negoziazione e voglia di dialogo da entrambe le parti, almeno su aspetti umanitari.
Le dinamiche di rilascio di detenuti sono spesso un banco di prova per verificare la serietà delle parti in conflitto e possono creare un terreno più favorevole a interlocuzioni successive. Anche se restano sospesi molti dubbi sulla durata e sull’estensione di tali aperture, questa operazione resta un fatto rilevante in un contesto altrimenti teso e incerto.