Il 2 aprile 2025, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha presentato un piano di dazi commerciali che colpirà diversi paesi, fra cui Cina, Unione Europea e Taiwan. L’annuncio, trasmesso dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, ha suscitato un’ampia discussione, soprattutto a seguito di alcune scoperte inaspettate riguardanti la formula utilizzata per calcolare le tariffe. Di fronte all’incertezza del mercato e alle speculazioni, restano aperti interrogativi significativi sul potenziale utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale nel processo decisionale.
Dettagli sugli dazi annunciati
Durante la conferenza stampa, Trump ha delineato una struttura tariffaria che partirà da una base del 10%, applicando percentuali ulteriori per specifici paesi. Taiwan avrà un dazio del 32%, il Brasile del 10%, la Cina del 34% e l’Unione Europea del 20%. L’intento dichiarato dalla Casa Bianca è di combattere ciò che Trump definisce un “saccheggio economico” da parte di altre nazioni. Tuttavia, analisi e commenti di esperti economici e utenti hanno evidenziato che alcune percentuali sembrano essere eccessivamente arrotondate, suscitando sospetti sulle modalità di calcolo impiegate.
Un aspetto che ha catturato l’attenzione mediatica è la similitudine tra le percentuali annunciate e la formula informatica offerta da vari chatbot di intelligenza artificiale, tra cui ChatGPT. In particolare, la testata The Verge ha avviato un’inchiesta, chiedendo a diversi strumenti di intelligenza artificiale di calcolare possibili dazi per diminuire un deficit commerciale. Le risposte ottenute sono sembrate molto simili a quelle presentate dal governo statunitense.
L’analisi della formula utilizzata
Il giornalista economico James Surowiecki ha suggerito che la Casa Bianca potrebbe aver utilizzato una formula molto diretta: il deficit commerciale diviso per le importazioni dagli Stati Uniti. I risultati verrebbero poi dimezzati. Prendendo come esempio l’Unione Europea, un deficit di 235,6 miliardi di dollari diviso 605,8 miliardi di importazioni genera un valore di 0,39, che corrisponde a una tariffa del 20% dopo il dimezzamento. La curiosità sorge in quanto il dato risulta perfettamente allineato con il dazio stabilito da Trump.
Interrogato su una questione analoga, ChatGPT ha offerto calcoli identici, presentando anche varianti in grado di considerare l’elasticità della domanda e l’impatto sui prezzi. Queste variazioni, pur aumentando la complessità della risposta, mantenevano la stessa logica sottostante, ovvero applicare tariffe proporzionali ai disavanzi commerciali.
Le reazioni e i dubbi sollevati
Nonostante la Casa Bianca abbia categoricamente negato di aver utilizzato strumenti di intelligenza artificiale nella creazione della nuova politica commerciale, i dubbi persistono. L’inserimento di microstati nella lista dei paesi colpiti da dazi, stati che non presentano significative capacità produttive, ha sollevato ulteriori interrogativi. Alcuni analisti ipotizzano che ci possa essere stata una certa “automatizzazione” nel processo iniziale delle decisioni tariffarie, suggerendo un uso più ampio della tecnologia rispetto a quanto ufficialmente dichiarato.
Le dimostrazioni pratiche di chatbots come ChatGPT hanno rivelato capacità sorprendenti, generando risposte che si sono dimostrate quasi casualmente simili alle scelte politiche concrete. Tra le osservazioni più sorprendentemente paradossali, i chatbot avvertono contro le potenziali conseguenze negative dei dazi, inclusi aumenti dei prezzi, ritorsioni commerciali e rallentamenti delle esportazioni. Questi avvisi non sono, evidentemente, stati considerati nella stesura delle politiche finali.
La situazione continua a evolversi, con analisti e osservatori che attendono ulteriori sviluppi in un contesto già complesso e sfaccettato.