L’amministrazione trump ha annunciato una sospensione temporanea e parziale dei dazi imposti a numerosi paesi, suscitando aspettative su una rapida chiusura di accordi commerciali a livello globale. Nei fatti, i negoziati procedono a rilento e mostrano segnali di confusione e difficoltà, mettendo in luce i limiti concreti di questa strategia. La situazione interessa non solo gli Stati Uniti, ma anche partner commerciali rilevanti come l’unione europea, l’India e soprattutto la Cina.
Promesse di accordi lampo e realtà negotiate
Il 9 aprile, in risposta alla crescente pressione economica, il governo trump ha deciso di sospendere temporaneamente alcuni dazi, ipotizzando di siglare fino a 90 accordi commerciali con altrettanti paesi nel giro di 90 giorni. Una stima percepita come irrealistica da molti esperti, visto che ogni trattativa dura anni e spesso non arriva a conclusione. La struttura stessa delle relazioni commerciali richiede tempi lunghi per definire regole, tariffe e standard.
Dalle settimane successive, neppure un accordo definitivo ha visto la luce. Report sulle negoziazioni restano frammentari e vaghi, mentre le dichiarazioni ufficiali del governo sono più ottimistiche che informative. L’amministrazione ha dovuto inoltre revocare alcuni provvedimenti come i “dazi reciproci” e le esenzioni per smartphone, indicando fatica ad applicare la linea dura iniziale senza subire contraccolpi. Si parla già di possibili concessioni anche sul fronte automobilistico, segnale evidente della pressione economica interna.
Interlocuzioni incompiute con paesi partner e vaghezza nelle trattative
Secondo la portavoce della casa bianca, Karoline Leavitt, il team di negoziatori ha incontrato rappresentanti di 34 paesi su 90 previsti, senza chiarezza sui contenuti degli incontri o sulle prospettive. Tra i paesi considerati prioritari figurano India, giappone, taiwan, corea del sud, vietnam e l’unione europea, ma dalle indiscrezioni filtrano solo annunci vaghi e rapporti poco concreti.
Una visita del vicepresidente JD Vance in India ha portato a qualche accordo di massima con il primo ministro Narendra Modi, ma senza dettagli precisi. In giappone, la delegazione partita per washington ha fatto ritorno con più domande che risposte circa le reali richieste statunitensi. A spartire le incertezze è anche l’unione europea, che pure rappresenta il principale partner commerciale degli Stati Uniti. Gli incontri con il commissario europeo Maros Sefcovic si sono svolti tra assenze e spostamenti degli stessi negoziatori americani, come Bessent presente a Buenos Aires anziché a washington.
Lo stallo con la cina e il ruolo dei dazi più pesanti
La situazione più complessa riguarda la cina, dove i dazi imposti da trump – fino al 145 per cento su alcune merci – restano in vigore, bloccando di fatto ogni scambio regolare. Il segretario al tesoro Scott Bessent ha confermato che i colloqui con pechino non sono neppure partiti, mentre la Cina ha reagito sospendendo importanti ordini di acquisto come quelli di aerei e petrolio.
Dopo mesi di attese senza una telefonata attesa da trump da parte di Xi Jinping, la situazione appare congelata. Il tentativo di ammorbidire la posizione americana, con la rinuncia ai dazi su smartphone e una promessa di trattative “molto buone”, non ha ancora tradotto in passi concreti. La tensione commerciale con la cina sembra quindi bloccata su un equilibrio difficile da sbloccare senza un cambio di strategia.
Criticità e limiti strutturali nelle possibilità negoziali americane
Gli esperti manifestano dubbi crescenti sulla capacità dell’amministrazione trump di portare avanti trattative così numerose e complesse in tempi brevi. Gli accordi commerciali richiedono analisi dettagliate di normative doganali, standard sanitari, requisiti tecnici che coinvolgono equipe specializzate. La burocrazia americana di fatto non è attrezzata; molti ruoli tecnici restano vacanti e i funzionari presenti devono coprire incarichi diversi, rallentando ulteriormente i processi.
Inoltre, la presenza di figure con vedute divergenti, come Navarro, Lutnick, Bessent e Hassett, genera un’immagine poco coerente verso gli interlocutori internazionali. La gestione personale di trump come unico decisore finale alimenta ancora più incertezza. Le delegazioni straniere sanno che quanto negoziato può essere facilmente rivisto o smentito, soprattutto attraverso i social media, rendendo moltissime parole poco affidabili.
L’impatto della strategia commerciale sulle relazioni internazionali e sull’economia Usa
Gli effetti delle politiche sui dazi si riflettono non solo nel blocco delle relazioni commerciali, ma anche sull’economia stessa degli Stati Uniti. I continui ripensamenti mostrano un’amministrazione costretta a cedere pezzi di terreno pur di limitare danni maggiori. L’assenza di accordi concreti scoraggia i partner internazionali, che si orientano verso altri mercati o rafforzano collaborazioni alternative. La frattura con la cina, principale avversario commerciale, perde occasioni di dialogo e rafforza una situazione di stallo.
Nel contesto attuale, il tentativo di portare avanti tante trattative insieme mostra i suoi limiti strutturali. Le incertezze dentro e fuori casa bianca riflettono una strategia che fatica a trovare stabilità mentre cresce la pressione economica e politica. Gli interlocutori restano a osservare, in attesa di segnali più chiari e concreti che per ora tardano a verificarsi.