L’intervento e le terapie per il tumore al seno non si limitano a curare la malattia, ma influenzano profondamente la vita emotiva e sessuale delle donne colpite. La necessità di recuperare la propria femminilità, così come il forte desiderio di maternità, sono esperienze comuni tra le pazienti, che però spesso non riescono a parlarne. Un’indagine condotta da Iqvia, sostenuta da Europa Donna Italia, ha messo in luce questo delicato aspetto dell’esperienza femminile durante la malattia, con risultati rivelatori presentati durante il convegno “Rəvolution in medicine” all’Università degli Studi di Milano.
Un silenzio pesante: il legame tra malattia e sessualità
Oltre il 90% delle donne intervistate ha dichiarato di sperimentare problematiche legate alla propria vita sessuale a seguito di trattamenti per il tumore al seno. Tuttavia, ben il 66% non si sente in grado di discutere di questi aspetti né con il proprio medico né con i familiari o gli amici. Questa fuga dal dialogo, insieme a un impressionante 42% di pazienti che ha scelto di non affrontare tali problematiche, mette in evidenza un vuoto comunicativo tra le donne e il personale sanitario.
La ricerca, condotta da Isabella Cecchini di Iqvia, ha coinvolto 382 donne, provenienti da diverse fasce d’età e stadi della malattia, e ha rivelato che il 72% delle partecipanti riconosce l’importanza di affrontare le emozioni e la sessualità in relazione alla malattia. Tuttavia, il timore e la vergogna li spingono a tacere, lasciando queste tematiche nell’ombra. A non fare abbastanza sono anche i medici, che, per vari motivi, non affrontano la questione.
Manuelita Mazza, oncologa della Senologia Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, mette in evidenza il cambiamento di attenzione che si è registrato negli ultimi venti anni: se da un lato i progressi nella cura del tumore al seno sono notevoli, dall’altro la salute sessuale delle pazienti rimane un aspetto spesso trascurato. Sebbene la sopravvivenza aumenti, non è garantito che la qualità di vita ne risenta positivamente.
L’importanza del dialogo: un supporto necessario
Affrontare il tema della salute sessuale con le pazienti è cruciale. I dati raccolti indicano che solo il 22% delle donne è a conoscenza della potenziale influenza dei trattamenti sulla propria vita sessuale. Sorprendentemente, l’11% ha addirittura interrotto le proprie relazioni dopo la diagnosi di tumore al seno. Spicca il dato secondo cui due coppie su tre hanno interrotto i rapporti sessuali. Questi numeri evidenziano quanto un dialogo aperto e sincero tra medico e paziente possa migliorare la qualità della vita delle donne colpite.
Mazza suggerisce di fornire alle pazienti informazioni chiare sui principali effetti collaterali sessuali delle terapie, e di coinvolgere i partner nelle conversazioni cliniche. Affrontare questi argomenti può alleviare l’isolamento emotivo delle pazienti e agevola una maggiore comprensione della loro situazione specifica, consentendo un sostegno più adatto.
Maternità e desiderio di una vita piena
I risultati della ricerca rivelano anche un aspetto fondamentale legato alla maternità: solo il 75% delle pazienti discute del desiderio di diventare madri con il proprio medico. Tra queste, solo la metà riceve informazioni chiare e di qualità riguardo alla propria fertilità. Troppe donne rinunciano al loro sogno di genitorialità a causa di una comunicazione ambigua e poco rassicurante da parte degli specialisti.
Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, sottolinea l’urgenza di un cambiamento radicale nella comunicazione tra pazienti e medici, per affrontare in modo aperto le questioni emotive e sessuali legate al tumore al seno. L’associazione ha lanciato il progetto “Come Prima”, destinato a supportare le donne nella ricostruzione della propria femminilità e nella realizzazione del desiderio di maternità. Il progetto mira a coinvolgere non solo le pazienti, ma anche i loro partner e medici, promuovendo materiali informativi e incontri specifici.
Il compito di prendersi cura delle pazienti oncologiche non può limitarsi alla gestione della malattia, ma deve abbracciare l’interezza della donna, comprendendo i suoi bisogni psico-fisici e promuovendo una cultura di apertura e dialogo su tematiche spesso considerate tabù.