Ultimo suicidio in carcere a Napoli: il dramma delle condizioni penitenziarie in Italia

Ultimo suicidio in carcere a Napoli: il dramma delle condizioni penitenziarie in Italia

Un detenuto di 53 anni si suicida nel carcere di Secondigliano, portando a 27 i casi in Italia nel 2025. Il garante Ciambriello denuncia gravi criticità e chiede interventi urgenti per la salute mentale.
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Ultimo suicidio in carcere a Napoli: il dramma delle condizioni penitenziarie in Italia - Gaeta.it

Un tragico episodio ha colpito nuovamente il sistema carcerario italiano: un detenuto di 53 anni, proveniente dalla provincia di Caserta, ha deciso di togliersi la vita nella serata di ieri nel carcere di Secondigliano, a Napoli. Questo evento è stato reso noto dal garante campano per i diritti dei detenuti, Samuele Ciambriello, che ha posto l’accento sulle gravi criticità che affliggono le strutture penitenziarie del Paese. La crescente cifra di suicidi mette in evidenza un problema complesso, che richiede immediata attenzione.

I numeri allarmanti del sistema carcerario italiano

Il suicidio del detenuto a Napoli porta a 27 il numero complessivo di suicidi avvenuti nel 2025 tra i detenuti in Italia. Inoltre, sono stati registrati 457 tentativi di suicidio sventati nel medesimo periodo. Ciò evidenzia l’emergenza del benessere psicologico all’interno delle carceri, accentuata non solo dai singoli eventi tragici ma anche dalla pressione sociale e dal sovraffollamento. In Campania, inoltre, si contano tre suicidi dall’inizio dell’anno, tra cui quelli già avvenuti nel carcere di Poggioreale. La situazione appare sempre più critica e necessita di misure adeguate per affrontarla.

La denuncia e l’importanza della salute mentale

Samuele Ciambriello esprime con forza la gravità del problema, affermando che “ogni tre giorni muore una persona in carcere”. Questa affermazione non è solo un dato, ma un grido d’allarme sul degrado delle condizioni nei penitenziari. L’analisi di Ciambriello rivela che non c’è una sola causa alla base di tali gesti estremi, ma piuttosto una serie di fattori interrelati. Il suicidio di Pietro, questo il nome del detenuto, è indicativo del peso che le problematiche psicologiche e sociali esercitano su individui già fragili. Ciambriello esorta a non vedere il fenomeno attraverso una lente semplicistica, poiché il contesto carcerario è complesso e stratificato.

La necessità di interventi strutturali

Secondo il garante, è fondamentale adottare un approccio strutturale piuttosto che emergenziale nel trattamento delle problematiche carcerarie. Viene sottolineata la necessità di professionisti quali assistenti sociali, psicologi e psichiatri, i quali potrebbero offrire un sostegno concreto ai detenuti. Non bastano misure temporanee; è imprescindibile instaurare un sistema di ascolto e di supporto che accolga le richieste di aiuto da parte dei detenuti.

Riflessioni sul sovraffollamento e la dignità dei detenuti

Ciambriello non si ferma qui. Interviene anche sul sovraffollamento carcerario, un tema cruciale per il mantenimento della dignità dei detenuti. L’attuale situazione penalizza l’individuo e rende difficile fornire un’adeguata attenzione a ogni singolo detenuto. “È fondamentale riconoscere la dignità della persona, al di là del reato commesso”, afferma Ciambriello, suggerendo che la riduzione del numero dei detenuti consentirebbe un miglioramento della gestione complessiva, sia a livello di assistenza che di recupero.

La richiesta è chiara e forte: le istituzioni e l’opinione pubblica devono prendere coscienza di queste problematiche e affrontarle con serietà e urgenza. Il tema della condizione carceraria non può e non deve rimanere ai margini del dibattito sociale, ma deve essere considerato un aspetto cruciale della civiltà e della giustizia.

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