Un caso unico ad Ancona: un paziente salvato da una rara malattia epatica grazie a un team specializzato

Un caso unico ad Ancona: un paziente salvato da una rara malattia epatica grazie a un team specializzato

Un’operazione innovativa all’ospedale Torrette di Ancona ha salvato un uomo di 50 anni da complicazioni gravi legate a una rara patologia epatica, grazie alla collaborazione multidisciplinare del team medico.
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Un caso unico ad Ancona: un paziente salvato da una rara malattia epatica grazie a un team specializzato - Gaeta.it

Un’operazione all’avanguardia ha salvato la vita a un uomo di 50 anni, affetto da una rara patologia epatica, nell’ospedale Torrette di Ancona. Questo caso, senza precedenti, ha dimostrato l’efficacia della collaborazione multidisciplinare all’interno dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. Questa storia mette in luce le sfide che affrontano i professionisti della salute e gli avanzamenti che la medicina ha compiuto nel trattamento delle malattie del fegato.

La malattia e la situazione complessa del paziente

Il paziente marchigiano era stato sottoposto a trapianto nel 2016 a causa della sindrome di Budd-Chiari, una condizione rara caratterizzata dalla chiusura delle vene epatiche. Dopo alcuni anni di stabilità, recenti complicazioni hanno messo a repentaglio la sua vita. La chiusura delle vene, infatti, ha portato alla formazione di trombi venosi all’interno del fegato, causando l’allargamento delle vene addominali e del duodeno. Questo ha generato una varice di dimensioni enormi, la quale, se fosse esplosa, avrebbe provocato un’emorragia massiva con potenziali esiti fatali. Le condizioni del fegato erano tornate a essere critiche, giungendo nuovamente a uno stato di cirrosi.

I medici hanno compreso la gravità della situazione. Gianluca Svegliati Baroni e Roberto Candelari, i chirurghi in prima linea, hanno dichiarato che l’unica integrazione possibile era l’immediata rimozione delle cause di questo nuovo disagio, poiché un trapianto non sarebbe stato praticabile. Rischiava di svilupparsi un’insufficienza epatica acuta e la possibilità di un’emorragia era concreta. La tempistica era cruciale.

Le scelte chirurgiche e il piano d’azione

La gestione del caso ha richiesto una pianificazione meticolosa. La discussione tra il team medico è stata intensa; le opzioni trattate comprendevano il rischio di procedere con un nuovo trapianto o di mantenere il paziente nella precarietà della sua condizione attuale. Una nuova operazione comportava dei rischi significativi, e gli specialisti hanno quindi deciso di fornire al paziente informazioni dettagliate sulla sua condizione, mettendolo al corrente su tutti i rischi associati. Hanno dovuto instaurare un rapporto di fiducia, fondamentale in un contesto così delicato.

Dopo un’attenta valutazione, il paziente è stato informato delle opzioni a disposizione e ha scelto di affrontare l’intervento meno invasivo, che ha previsto la creazione di un nuovo percorso per il sangue nel fegato. Questo approccio ha avuto come obiettivo primario quello di prevenire ulteriori complicazioni, tra cui la ripetizione della malattia.

Il ruolo del team multidisciplinare e l’approccio mininvasivo

Il punto di forza del trattamento è stata la cooperazione tra diverse unità operative. Il personale dell’Unità Operativa Danno Epatico e Trapianti, diretto da Svegliati Baroni, ha collaborato strettamente con i radiologi interventisti guidati da Candelari. Inoltre, è stata fondamentale la sinergia con la Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti, guidata da Marco Vivarelli.

L’intervento ha utilizzato tecniche avanzate e mininvasive, riducendo la necessità di lunghi periodi di degenza. La procedura si è svolta senza l’apertura di grandi incisioni chirurgiche, garantendo al paziente un recupero rapido e permettendo di trascorrere il Natale a casa con la famiglia. Questo è stato reso possibile anche grazie all’eccellenza delle strutture presenti nell’ospedale, che opera con un servizio di radiologia attivo 24 ore su 24.

La riuscita dell’operazione e i risultati

A seguito dell’intervento, il team medico ha confermato il successo dell’operazione e ha garantito che non ci saranno recidive post-operatorie. Svegliati Baroni ha sottolineato che il trapianto del 2016 aveva avuto esito positivo, ma la malattia si era ripresentata in modo incontrollato. Adesso, è stata creata una “autostrada anatomica” che permette al sangue di fluire correttamente, evitando così future complicazioni. Questo esempio dimostra non solo l’importanza della multidisciplinarità ma anche l’eccellenza del centro ospedaliero, posizionandolo come uno dei migliori a livello nazionale per il trattamento delle malattie epatiche.

Ultimo aggiornamento il 7 Febbraio 2025 da Marco Mintillo

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