"Un chicco di speranza": il progetto di reinserimento dei detenuti nel carcere di Secondigliano

“Un chicco di speranza”: il progetto di reinserimento dei detenuti nel carcere di Secondigliano

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"Un chicco di speranza": il progetto di reinserimento dei detenuti nel carcere di Secondigliano - Fonte: Ansa | Gaeta.it

Il carcere di Secondigliano, a Napoli, sta diventando un terreno fertile per un’iniziativa che unisce arte culinaria e riabilitazione sociale. Il progetto “Un chicco di speranza” ha come obiettivo principale quello di insegnare a un gruppo di dieci detenuti l’arte della preparazione del caffè e come coltivare il chicco, con la prospettiva di dare vita a un prodotto unico, il ‘caffè di Secondigliano‘. Una collaborazione avvincente che coinvolge l’azienda Kimbo, il penitenziario e la Diocesi di Napoli, mirata a fornire ai partecipanti non solo competenze professionali ma anche la possibilità di una nuova vita.

Formazione professionale e artigianale

L’inizio dell’avventura

Il progetto si articola su tre direttrici fondamentali, la prima delle quali prevede un’intensa attività di training che preparerà i detenuti a diventare baristi professionisti e manutentori tecnici. Questa iniziativa non solo offre loro un’opportunità di crescita personale e professionale, ma rappresenta anche un passo importante verso il reinserimento sociale. Attraverso la formazione quotidiana, i detenuti apprendono le abilità necessarie per lavorare nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, in costante espansione.

Le sessioni di training non sono solo teoriche; comprendono anche esercitazioni pratiche, dove i partecipanti possono sperimentare in prima persona le tecniche di preparazione del caffè e di gestione di un bar. La sinergia tra Kimbo e le istituzioni carcerarie rappresenta un modello esportabile, dando vita a un circolo virtuoso che può rivelarsi utile per altri penitenziari.

Creare opportunità di lavoro reale

Secondo il coordinamento con il personale del carcere, all’interno dell’istituto sarà allestito un magazzino ricambi dedicato alle macchine bar di Kimbo, permettendo così ai detenuti di acquisire competenze specifiche nella riparazione e nella rigenerazione delle attrezzature. Questo aspetto del progetto non solo fornisce un’esperienza formativa, ma offre anche la possibilità di lavorare concretamente per il settore Ho.Re.Ca. , creando un legame diretto tra l’ambiente penitenziario e il mondo del lavoro. Inoltre, per i detenuti in semi-libertà, è prevista la possibilità di gestire i prelievi e la restituzione delle macchine da caffè, rendendo l’esperienza ancora più reale e concreta.

Un legame con l’agricoltura

La coltivazione del caffè

Una delle più affascinanti componenti del progetto “Un chicco di speranza” è la creazione di una piccola piantagione di caffè all’interno del carcere, su un terreno di 10mila metri quadrati. Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, si sta studiando quale tipo di pianta di caffè risulti più adatta alle specificità del terreno e alle condizioni climatiche locali. Questo approccio scientifico assicurerà che il progetto non solo abbia successo, ma possa anche garantire un prodotto di alta qualità, destinato a diventare rappresentativo del territorio.

La coltivazione e la gestione di una piantagione offrono ai detenuti l’opportunità di apprendere tecniche agricole e di manutenzione, abilità che possono rivelarsi molto utili nel mercato del lavoro. Una volta che i chicchi saranno pronti per la raccolta, i detenuti potranno vivere l’esperienza gratificante di veder generare frutto del proprio lavoro, consolidando il legame con la terra e promuovendo una nuova mentalità imprenditoriale.

L’importanza del sostegno istituzionale

Dietro il progetto si cela una rete di sostegno che include anche la magistratura di sorveglianza, la quale garantirà il rispetto delle normative durante le attività e gli spostamenti dei detenuti. I provvedimenti emessi, se necessari, saranno concordati in modo da rispettare i diritti e la sicurezza di tutti i partecipanti. L’ufficio del lavoro dell’Arcidiocesi, grazie al suo impegno, ha reso possibile la realizzazione di un progetto che rappresenta un capitolo innovativo nella riabilitazione penale, mirando a restituire ai detenuti un ruolo attivo e costruttivo nella società.

Grazie a quest’iniziativa, Kimbo intende esprimere la sua gratitudine verso una città che ha dato tanto nel corso dei propri sessant’anni di attività. Il presidente Mario Rubino ha sottolineato l’importanza di restituire alla comunità quanto ricevuto, invitando altresì altri imprenditori a partecipare a questo processo di sostenibilità e benessere sociale. “Siamo qui per supportare chi ha bisogno” ha dichiarato Rubino, rafforzando l’idea che il caffè, simbolo di convivialità, possa diventare anche simbolo di rinascita e speranza.

Questa iniziativa potrebbe non solo ripristinare le vite dei detenuti, ma contribuire anche a creare un legame duraturo tra la comunità e il mondo del lavoro, dimostrando come anche in contesti difficili possa nascere un rinnovato senso di scopo e opportunità.

Ultimo aggiornamento il 16 Settembre 2024 da Laura Rossi

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