Un’indagine condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Vibo Valentia ha portato alla luce un presunto sistema di corruzione in cui medici e funzionari pubblici avrebbero facilitato il riconoscimento di indennizzi per incidenti o malattie professionali falsi o parzialmente infondati. Tale attività illecita ha avuto inizio nel 2014 e si è protratta fino al 2020, coinvolgendo ben sedici persone, comprese figure della pubblica amministrazione, il che solleva interrogativi sulla gestione delle pratiche indennitarie nel territorio calabrese.
Sospensioni e misure cautelari: il cuore dell’indagine
Le indagini, coordinate dalla Procura, hanno portato alla sospensione di un medico e due funzionari dell’Inail per un anno dalla loro attività . Questa misura è il risultato di un’ordinanza emessa dopo la notifica effettuata dalle forze dell’ordine. Oltre alle sospensioni, gli inquirenti hanno anche notificato altre sedici informazioni di garanzia, segno che il cerchio attorno agli indagati si sta stringendo. È emerso che questi soggetti, attraverso un vero e proprio complotto, avrebbero inficiato l’integrità del sistema di indennità , infliggendo un danno erariale notevole.
Il numero delle persone coinvolte è significativo e parla di una rete di complici che si estende anche oltre le figure principali. La sinergia tra medici, paramedici e funzionari di enti pubblici rappresenta un chiaro indicativo di come le pratiche statali possano essere facilmente compromesse da interessi personali, minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Il meccanismo della frode
L’indagine ha rivelato la modalità operativa di questa associazione a delinquere, la quale ha consentito a sette individui di intascare indennità pubbliche non dovute. I funzionari avrebbero orchestrato un vortice di pratiche volte al riconoscimento illecito di provvigioni, facilitando così il marcato incremento delle somme erogate dall’Inail. Questo meccanismo ha costretto l’ente a un esborso ingente, stimato in circa 350 mila euro, una cifra che solleva gravi preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema di indennità .
Le attività illegali avvenivano in una sorta di schema ripetitivo dove gli indagati seguivano una prassi collaudata. Le tangenti, che secondo le informazioni raccolte dall’inchiesta ammontano a oltre 125 mila euro, venivano spesso girate attraverso intermediari. Il pagamento avveniva tramite carte bancarie, un elemento che complica ulteriormente le indagini, rendendo la tracciabilità delle transazioni più difficile e consentendo agli imputati di operare con maggiore impunità .
Ripercussioni e saggi legali
Le conseguenze di questa frode non si limitano certo alle misure cautelari adottate dai giudici. La questione tocca anche la responsabilità legale degli enti coinvolti, gettando una luce inquietante sul funzionamento delle pratiche indennitarie. Oltre a mettere in discussione la bontà dei servizi offerti, un caso di questo genere fomenta ulteriormente il sospetto e la disaffezione nei confronti della pubblica amministrazione.
In un contesto simile, è essenziale che le autorità competenti monitorino attentamente le attività di erogazione delle indennità per evitare che simili situazioni si possano ripetere. La trasparenza deve diventare la norma in un sistema che si dibatte tra corruzione e gestione disonesta, richiedendo un intervento deciso per rimediare alle lacune emerse in questa indagine.
Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2024 da Donatella Ercolano