Aprile del 2020 segna un momento cruciale nella storia di Roma e, più in generale, in tutto il mondo. La pandemia di Covid-19 ha stravolto non solo le vite quotidiane, ma anche l’immagine delle città. Questo articolo racconta un’esperienza vissuta tra le strade vuote della Capitale, dove la bellezza monumentale si unisce a un’atmosfera di desolazione e silenzio.
L’arrivo a Roma, un contesto surreale
La Centrale, uno dei principali punti di riferimento per i viaggiatori, si presentava deserta. A bordo del Frecciarossa, l’assenza di passeggeri creava un’atmosfera surreale. Anche la stazione Termini, solitamente affollata, era invasa solo dalla presenza di forze dell’ordine che controllavano i pochi viaggiatori in transito. Nell’attesa, un tesserino da giornalista e una lettera di autorizzazione del direttore di Avvenire in tasca, avvertivo l’importanza della missione: raccontare la Roma colpita dalla pandemia.
Il taxi che scelsi per spostarmi nei vari angoli della città non offrì alcuna possibilità di conversazione. L’autista, anch’esso colpito dall’atmosfera di desolazione, silenziosamente mi portava attraverso strade a cui eravamo abituati ben diversi. La città appariva come una tela bianca, evidenziando monumenti e angoli storici mai visti in modo tanto crudo eppure affascinante. L’aria primaverile portava il profumo dei glicini, eppure l’assenza di persone dava un sapore amaro a quelle immagini di bellezza.
Emozioni davanti a luoghi iconici
A piazze come Trevi e Trinità dei Monti, che di solito brulicavano di turisti e locali, ora regnava il silenzio. Camminando lungo le strade, la sensazione di desolazione diventava palpabile. I colori brillanti dei giardini e la luce solare riflessa sui monumenti contrastavano con l’assenza di vita. Era come se avessi varcato una soglia invisibile: una realtà parallela che parlava di abbandono e malinconia. Romani e turisti erano rimasti chiusi in casa, costretti a un’isolamento che sembrava durare un’eternità.
L’unico suono che accompagnava il mio girovagare era quello dei miei passi sul ciottolato, un ritmo inusuale per una città che normalmente risuona di voci e rumori. La visione del giovane carabiniere che sorvegliava il Pantheon, nel suo sguardo rifletteva un desiderio di connessione umana, un impulso naturale in un contesto carico di solitudine. Quando gli chiesi informazioni su un distributore di caffè, l’interazione, seppur breve, contrastava con l’isolamento che regnava attorno.
L’anima di Roma torna a vivere
Passati cinque anni da quel periodo di silenzio e riflessione, Roma ha lentamente ripreso vita. Durante una visita recente, il caos tipico della città, con turisti e residenti immersi nelle loro attività, ha riportato un senso di normalità. Il mercato di Campo dei Fiori, con il suo vibrante assortimento di spezie e frutta, emanava l’energia tipica di un posto ricco di storia e tradizioni. Il Tevere, che scorreva sereno, ha accolto di nuovo le chiacchiere dei passanti e il vociare di gruppi intenti a godere della calda atmosfera mediterranea.
Osservando Roma, il contrasto tra il ricordo di quella mattina silenziosa e il vivace ritorno alla vita sembrava quasi surreale. La città, che per un momento era apparsa come una bellissima donna addormentata, si era risvegliata, scrutando avanti con vigore e vitalità. Quel “risveglio” rappresenta non solo il ritorno alla quotidianità, ma anche un nuovo capitolo nella storia di Roma, un capitolo che, pur carico di sfide, ha saputo mostrare la resilienza di una città eterna.