La recente decisione dell’amministrazione Trump di imporre dazi ha scatenato una serie di azioni legali da parte di diversi stati americani. A oltre la California, che ha fatto da apripista, si sono aggiunti almeno undici stati che hanno presentato una causa contro il presidente, contestando la legittimità delle tariffe doganali e denunciando i danni economici subiti. Il conflitto coinvolge stati con governi sia democratici che repubblicani, segnando uno scontro istituzionale che tocca le competenze legislative e l’impatto diretto sul commercio locale.
Stati uniti: chi ha avviato la causa contro trump per i dazi
Dopo la California, più di dieci stati hanno formalizzato ricorsi legali contro l’amministrazione Trump per l’imposizione dei dazi, tra questi Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Maine, Minnesota, Nevada, New Mexico e Vermont. Non a caso, quasi tutti questi stati sono guidati da procuratori generali democratici, anche se Nevada e Vermont vantano governatori repubblicani. Accanto a loro si sono schierati New York, Illinois e Oregon, che hanno partecipato alla causa collettiva. Tutti i ricorrenti sostengono che il presidente non abbia l’autorità necessaria per imporre dazi senza l’approvazione del Congresso, secondo quanto riportato dal New York Times.
Contestazione sul procedimento adottato
Questi stati contestano in particolare che il procedimento adottato dall’amministrazione Trump per introdurre le tariffe si basi su decisioni arbitrarie, prive del necessario consenso parlamentare. Tale impostazione, per i ricorrenti, violerebbe i principi costituzionali che assegnano al Congresso il potere di regolamentare il commercio internazionale e le imposte doganali. La causa è stata depositata presso la Corte per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti, sottolineando come il ricorso mal si concili con il normale esercizio dell’autorità presidenziale.
Il tribunale come arena per definire i limiti dei poteri del presidente
Nel documento giuridico presentato dagli stati si legge un’attenta analisi delle prerogative presidenziali in materia commerciale. I procuratori generali affermano che le decisioni di imporre dazi derivano più dai “capricci del presidente” che da un’autentica legittimità normativa. Questo tipo di editti, infatti, rischia di alterare le dinamiche economiche senza superare il necessario vaglio legislativo.
Separazione dei poteri in gioco
Questa causa mette così al centro un tema delicato: la separazione dei poteri tra esecutivo e legislativo nella regolazione delle tariffe commerciali. La Corte dovrà valutare se le azioni di Trump rappresentano un uso eccessivo e scorretto delle sue funzioni, o se rientrano nel margine di autonomia previsto dalla legge. In gioco c’è anche la capacità degli stati di proteggere le proprie economie da misure federali giudicate dannose o illegali.
I danni economici denunciati da california e oregon
Il primo stato a muoversi contro i dazi è stata la California, con il governatore Gavin Newsom e il procuratore generale che hanno formalizzato la denuncia la settimana scorsa. Nel ricorso si evidenzia come le tariffe abbiano causato «immediato e irreparabile danno» all’economia locale, particolare per le aziende che operano su mercati internazionali.
Anche l’Oregon si è unito alla causa collettiva il 23 aprile, con funzionari e rappresentanti delle imprese locali che esprimono serie preoccupazioni per la dipendenza economica dello stato dal commercio internazionale. Il settore dell’abbigliamento sportivo, punto di forza nell’economia dell’Oregon, avrebbe registrato effetti negativi dovuti alle nuove imposizioni tariffarie, mettendo a rischio posti di lavoro e produzione locale. Questi elementi rafforzano la tesi che i dazi non solo siano illegittimi, ma anche in grado di colpire direttamente l’attività economica e i cittadini.
L’azione legale promossa dalla California e dagli altri stati mette pressione sull’amministrazione Trump e accende il dibattito su come dovrebbe essere governato il commercio estero negli Stati Uniti. La vicenda resterà al centro dell’attenzione pubblica e giudiziaria nei prossimi mesi, mentre la Corte deciderà sulle richieste di sospensione delle tariffe da parte degli stati ricorrenti.