Un nuovo caso di stalking scuote la cronaca locale e getta ombre inquietanti sulla risposta delle autorità giudiziarie. Viviana, una donna residente a Pomezia, si trova ad affrontare un incubo quotidiano a causa delle persecuzioni del suo ex compagno. Quello che doveva essere un atto di coraggio, la denuncia, si trasforma in un’odissea burocratica, lasciando Viviana e il suo bambino in balia di un persecutore nonostante le leggi a protezione delle vittime.
La denuncia di Viviana: un appello inascoltato
Viviana ha interrotto una relazione tossica con G.L.L., ma a distanza di tre mesi dalla denuncia, il suo caso sembra rimanere in stallo. La donna ha bussato alla porta delle forze dell’ordine il 25 settembre, dopo aver subito violenze fisiche e psicologiche. Secondo quanto riportato nella sua denuncia, l’uomo è riuscito a entrare nel suo appartamento, dove l’ha aggredita brutalmente. “Mi bloccava tra il muro e il tavolo e iniziava a colpirmi alla testa e al viso,” ha dichiarato. L’aggressione le ha fatto meritare un trattamento di emergenza, con 30 giorni di prognosi, ma anche danni psicologici ben più gravi e persistenti.
Dopo l’aggressione, Viviana decide di trasferirsi temporaneamente dalla madre, non perché voglia allontanarsi dalla propria casa, ma per salvarsi da una situazione insostenibile. La denuncia giace in Procura, mentre l’avvocato Emilio Malaspina cerca di seguire da vicino l’evoluzione del caso. Qui si presenta la questione: per quale motivo non si attivano le misure emergenziali previste dalla legge, conosciute come “codice rosso”?
L’inerzia della giustizia: una seconda vittima?
La pm Luisa D’Innella è la magistrata responsabile del caso, ma non ha finora intrapreso alcuna iniziativa concreta per la protezione di Viviana. Questo silenzio ricalca un precedente allarmante: Marina, un’altra donna che aveva sporto oltre trenta denunce, ha dovuto attendere l’interesse della stampa per ricevere la giusta attenzione e protezione. Solo dopo che la sua situazione è stata resa pubblica, un altro magistrato ha finalmente disposto misure di sicurezza a favore di Marina.
L’assenza di risposte concrete da parte della magistratura lascia perplessi e preoccupati. Le forze dell’ordine hanno presentato informativa e richieste di protezione, senza ottenere risultati tangibili. È essenziale avere una risposta rapida e adeguata dalle istituzioni per garantire la sicurezza delle donne che denunciano violenze e stalking, ma in questo caso, non solo è mancata la reazione dei magistrati, ma la donna è stata costretta a vivere nell’ansia e nell’insicurezza nel suo stesso ambiente.
Viviana oggi: una vita stravolta dalla paura
Il Corriere ha avuto modo di incontrare Viviana, la quale esprime con grande apprensione le difficoltà a cui deve far fronte ogni giorno. “Non posso rientrare a casa, mi verrebbe a cercare,” racconta con tono afflitto. La paura si è impadronita della sua vita; le telefonate quotidiane dal numero sconosciuto, che si rivela essere del suo ex compagno, hanno stravolto la sua quotidianità. “Ho dovuto cambiare completamente le mie abitudini,” aggiunge. Il sentimento di impotenza è palpabile, e le leggi concepite per proteggerla sembrano non essere sufficienti se non vengono efficacemente applicate.
Il bisogno di sicurezza diventa quindi un’urgenza vitale non solo per Viviana ma per ogni donna che si trova a fronteggiare situazioni di pericolo simili. “Perché una donna che denuncia non riceve la protezione che merita?” chiede l’avvocato di Viviana, sollevando questioni etiche e legali che necessitano di una risposta immediata. È imprescindibile che il sistema giudiziario, nella sua interezza, risponda celermente a tali violazioni, assicurando supporto e protezione a chi si ritrova in situazioni disperate.
Ultimo aggiornamento il 31 Dicembre 2024 da Donatella Ercolano