Zorro, la nuova produzione di Antonio Latella, debutterà al Piccolo Teatro di Milano dal 16 febbraio. Uno spettacolo che intreccia il tema della povertà, sentito sempre più in una città che, nonostante la sua fama culturale, affronta incertezze economiche. Il direttore Claudio Longhi descrive l’opera come un’occasione non solo di intrattenimento, ma come un riflesso di una realtà critica che merita attenzione e analisi.
La genesi di Zorro
La creazione di Zorro affonda le radici in un’esperienza personale di Latella che, durante un soggiorno a Bologna, ha osservato senzatetto indossare maschere di Zorro. Questa immagine lo ha colpito, portandolo a esplorare la figura di un supereroe che, tradizionalmente associato all’eroismo e alla giustizia, diviene qui simbolo di chi lotta contro l’emarginazione e la povertà. Federico Bellini, coautore del testo, ha espresso l’idea che i supereroi nascano per colmare un vuoto sociale, rispondendo a ingiustizie e abusi, affermando così una voce per gli oppressi.
Un teatro in dialogo con la storia
Il Piccolo Teatro, inaugurato nel 1947 con L’albero dei poveri, si conferma location simbolica per affrontare il tema della miseria. La scelta del teatro come palcoscenico è significativa, poiché la storia stessa del luogo rappresenta un dialogo con le problematiche sociali del tempo. L’opera Zorro si inserisce in questo contesto di riflessione e recupero della memoria, richiamando l’urgenza di affrontare il problema della povertà in una metropoli come Milano, dove la disparità sociale è sempre più evidente.
Struttura e regia innovativa
Zorro si compone di sette “quadriglie”, brevi episodi in cui quattro attori ricoprono ruoli diversi, arricchendo l’interpretazione attraverso scambi di parti. Ogni segmento si chiude in modo originale, enfatizzando il legame con l’alfabeto e creando un ritmo che richiama il mondo musicale, in particolare il jazz. Latella vuole che ogni rappresentazione sia un’esperienza unica, in cui gli attori possano “suonare” il copione, creando sfumature differenti ogni sera.
Le scenografie di Annelisa Zaccheria aggiungono un ulteriore livello di impegno visivo, sostenendo la narrazione con un allestimento che complessa l’interazione tra i personaggi e il loro ambiente. Latella afferma che il lavoro attoriale ricorda le regie tra teatro dell’assurdo e elementi di cabaret, imitando la sensibilità di Chaplin e Stanlio e Olio, che con la comicità hanno raccontato la miseria in modo profondo e incisivo.
La voce di Milano
Latella non si è limitato a esplorare solo il palcoscenico. Ha esteso la sua riflessione alla città di Milano, descrivendola come un centro culturale ricco e variegato, ma in cui la realtà economica ha imposto barriere sempre più severe. Con un reddito di 1.200 euro al mese, molti milanesi si sentono poveri, escludendo così diversi segmenti della popolazione dalla vita culturale e sociale. Questo contrasto tra bellezza culturale e difficoltà economiche viene esplorato e denunciato in modo diretto nell’opera, rendendo Zorro un brindisi alla resilienza e alla speranza per un futuro migliore.
Lo spettacolo, dunque, si propone non solo come una forma di intrattenimento, ma anche come un mezzo per aprire un dibattito su questioni attuali che, spesso, vengono ignorate nella frenesia della vita cittadina. La narrazione di Latella ha il potere di mettere in luce l’emergenza sociale, invitando a riflettere su una crisi che riguardano sempre più cittadini.
Ultimo aggiornamento il 22 Gennaio 2025 da Elisabetta Cina