Assolto Emanuele De Stefano, esponente del clan Amato Pagano, dalle accuse di traffico in carcere

Il Tribunale di Sulmona assolve Emanuele De Stefano, esponente del clan Amato Pagano, dalle accuse di traffico di telefoni e droga in carcere, evidenziando la necessità di prove solide nei procedimenti penali.
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Assolto Emanuele De Stefano, esponente del clan Amato Pagano, dalle accuse di traffico in carcere - Gaeta.it

Un’importante sentenza è stata emessa dal Tribunale di Sulmona, che ha assolto Emanuele De Stefano, un noto esponente del clan Amato Pagano, dall’accusa di aver introdotto telefonini e sostanze stupefacenti all’interno del carcere di Sulmona. La decisione del giudice per l’udienza preliminare, Alessandra De Marco, ha accolto in pieno la linea difensiva dell’avvocato, respingendo la richiesta del pubblico ministero di 5 anni di reclusione.

Le accuse e il contesto giudiziario

Emanuele De Stefano, 35 anni, è attualmente detenuto per estorsione e associazione di tipo camorristico, con una condanna di 12 anni. Questo caso ha sollevato notevoli attenzioni mediali a causa del profilo criminale dell’imputato e della gravità delle accuse. De Stefano era accusato, insieme alla sorella e a un ispettore di polizia penitenziaria, di aver orchestrato un’operazione per introdurre all’interno del carcere 10 dosi di cocaina e due telefoni cellulari.

Secondo le ricostruzioni, l’accordo tra la sorella di De Stefano e l’agente penitenziario sarebbe stato formalizzato attraverso uno scambio di un pizzino, in cui era annotato il numero di telefono di quest’ultima. Tali elementi hanno alimentato l’ipotesi di un traffico illecito che coinvolgeva, appunto, l’entrata di sostanze vietate nel circuito carcerario. La presenza di un ispettore di polizia penitenziaria nel giro avrebbe complicato ulteriormente la situazione, sollevando interrogativi sulla sicurezza interna delle strutture penitenziarie e sulla possibile complicità di alcuni funzionari.

La difesa e la sentenza del gup

La difesa, guidata dall’avvocato Massimo Autieri, ha costruito un’argomentazione strutturata nel tentativo di smontare le accuse. L’elemento cruciale della contestazione riguardava il pizzino, che, secondo la difesa, rappresentava solo un tentativo incompiuto di negoziazione e non costituiva prova sufficiente di un reale accordo per il traffico di sostanze. Autieri ha sottolineato che non esistevano evidenze concrete che provassero che la sorella di De Stefano avesse realmente introdotto in carcere né i telefoni né le sostanze stupefacenti.

Il gup Alessandra De Marco ha quindi accolto questa tesi, ritenendo che le prove presentate non fossero sufficientemente solide per giustificare una condanna. Con questa decisione, non solo De Stefano, ma anche gli altri due imputati sono stati assolti da tutte le accuse, confermando così la necessità di un rigoroso scrutinio delle prove in casi di questa natura, soprattutto quando si parla di accuse gravi legate a organizzazioni criminali.

Implicazioni e riflessioni sul sistema penitenziario

L’assoluzione di Emanuele De Stefano dalle accuse di traffico di sostanze stupefacenti e telefoni all’interno del carcere di Sulmona riaccende il dibattito sulle problematiche legate alla sicurezza penitenziaria. Le strutture carcerarie, infatti, si trovano spesso al centro di polemiche riguardanti non solo la sicurezza dei detenuti, ma anche la possibilità di infiltrazioni illegali da parte di più soggetti.

Questo caso in particolare mette in evidenza la complessità del sistema carcerario italiano e le difficoltà nel monitoraggio dell’eventuale traffico di beni illegali. Le infiltrazioni da parte di membri di criminalità organizzata e la complicità di agenti penitenziari possono compromettere ulteriormente la dignità e la sicurezza all’interno delle prigioni, ponendo interrogativi sull’efficacia delle misure di prevenzione adottate.

Ogni nuovo sviluppo in casi come quello di Emanuele De Stefano richiederà una riflessione approfondita e un impegno costante da parte delle autorità competenti per garantire che le carceri non diventino luoghi in cui la criminalità può prosperare, ma piuttosto spazi di riabilitazione e controllo.

Ultimo aggiornamento il 4 Ottobre 2024 da Elisabetta Cina

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