Baby Reindeer: un giudice californiano decide su una causa di diffamazione contro Netflix

La giustizia californiana apre la strada a una causa di diffamazione contro Netflix da parte di Fiona Harvey, accusando la serie “Baby Reindeer” di rappresentarla ingiustamente come stalker.
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Baby Reindeer: un giudice californiano decide su una causa di diffamazione contro Netflix - Gaeta.it

Un recente intervento della giustizia californiana ha sollevato interrogativi sul confine tra realtà e finzione nel mondo dello spettacolo. La serie Netflix “Baby Reindeer”, scritta e interpretata dal comico scozzese Richard Gadd, è al centro di una controversia legale che coinvolge Fiona Harvey, la donna che la produzione ha rappresentato attraverso il personaggio di Martha. La decisione del giudice ha aperto la strada a nuove possibilità legali per Harvey, che accusa la serie di aver diffuso informazioni false su di lei.

La disputa legale e l’accusa di diffamazione

La causa intentata da Fiona Harvey contro Netflix ha avuto origine a giugno, quando la donna ha denunciato la piattaforma per diffamazione. Harvey ha affermato che la serie la ritrae ingiustamente come una stalker condannata, un’accusa che lei sostiene essere completamente infondata. La commissione del giudice Gary Klausner ha confermato che la storia raccontata nella serie non può essere considerata “una storia vera”, permettendo così a Harvey di procedere con la sua causa. Tuttavia, il giudice ha deciso di non procedere con le accuse di violazione della privacy e negligenza, respingendo quelle parti della causa.

La sentenza del giudice ha portato alla luce il rischio legato alla narrazione di eventi che potrebbero essere percepiti come veri, ma che contengono elementi falsi. Per Harvey, la qualificazione di “storia vera”, presente nei primi episodi di “Baby Reindeer”, rappresentava un elemento particolarmente problematico, poiché è stato utilizzato per insinuare un legame diretto e negativo tra lei e il personaggio di Martha. Nonostante il nome di Harvey non venga mai menzionato chiaramente, molte persone sono riuscite a fare il collegamento tra i due, complicando ulteriormente la sua posizione.

La trama e le polemiche attorno alla serie

“Baby Reindeer” racconta le esperienze di Richard Gadd, il suo autore e protagonista, che sostiene di essere stato vittima di stalking da parte di una donna tra il 2015 e il 2018. Nella serie, Gadd narra le sue esperienze attraverso una cornice apparentemente autobiografica, creando un’opera che si propone come una riflessione sulle dinamiche tossiche delle relazioni. Tuttavia, questo approccio ha sollevato critiche, specialmente dopo che Harvey ha iniziato a rilasciare interviste per contestare le affermazioni fatte nella serie.

Nel corso di un’intervista con il presentatore britannico Piers Morgan, Harvey ha denunciato le minacce di morte ricevute sui social media, accusando Gadd di avere intenzioni malevole e di voler riportare alla luce episodi di sofferenza personale per umiliarla pubblicamente. Potrebbe emergere così una discussione più ampia sulle implicazioni etiche di ritrarre persone reali in opere di finzione, specialmente quando si tratta di tematiche delicate come lo stalking e la violenza.

Le dichiarazioni di Richard Gadd e il contesto della produzione

In risposta alla causa, Richard Gadd ha difeso tanto il suo lavoro quanto la serie Netflix, evidenziando che gli eventi narrati sono stati “romanzati” e non intesi come una rappresentazione fedele della realtà. Tuttavia, ha dichiarato che le sue esperienze con Harvey sono state autentiche, sostenendo di aver subito molestie tramite messaggi e comportamenti inappropriati mentre lavorava in un pub londinese. Questa situazione ha aperto la strada a un dibattito sulle linee di demarcazione tra verità e invenzione creative, in un’epoca in cui le narrazioni vengono frequentemente create per intrattenere e provocare discussioni.

Un ulteriore elemento di interesse è emerso quando il Sunday Times ha riportato che Gadd stesso aveva espresso riserve sull’uso della frase “Questa è una storia vera”, segnalando che Netflix avrebbe insistito per la sua inclusione. Questa informazione ha contribuito a rafforzare la posizione di Harvey, poiché suggerisce che la piattaforma potrebbe essere stata a conoscenza della natura romanzata della storia, rendendo più problematico l’uso di affermazioni che richiamano la realtà. Il caso, quindi, non è solo una questione di diffamazione, ma tocca anche temi più ampi, come l’interpretazione del diritto alla privacy e la responsabilità dei creatori nei confronti delle loro fonti d’ispirazione.

Ultimo aggiornamento il 3 Ottobre 2024 da Elisabetta Cina

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