Nel corso di un’affollata manifestazione a Torino, diversi giovani hanno rievocato un gesto emblematico degli anni ’70, sollevando tre dita al cielo in segno di protesta contro le politiche del governo attuale e in solidarietà con la Palestina. Questo gesto, che ricorda il ‘saluto’ dei militanti dell’Autonomia Operaia, ha suscitato riflessioni sul contesto storico e le dinamiche di protesta contemporanee. La manifestazione, che ha visto un’importante partecipazione di studenti e attivisti, non è stata priva di tensioni, culminando in episodi di violenza e confronti con le forze dell’ordine.
La manifestazione e il richiamo alla storia
L’evento è stato indetto da un’aggregazione di studenti e attivisti di diversi gruppi politici, con una mobilitazione che ha richiamato circa quattrocento partecipanti. Tra gli striscioni e le bandiere palestinesi, si sono anche visti chiari richiami a situazioni politiche attuali, un modo per rendere visibile l’indignazione verso il governo di centrodestra. I manifestanti, pur non indossando passamontagna come accadeva negli anni ’70, hanno utilizzato simboli forti, tra cui il gesto delle tre dita, che ha rievocato un periodo di intensa contestazione sociale.
Tuttavia, nel corso del corteo, ci sono stati episodi di scritte sui muri e imbrattamenti sui mezzi pubblici. Soprattutto, il monumento dedicato a Vittorio Emanuele II è stato oggetto di vandalismo, sul quale qualcuno ha scritto “Free Palestine” con spray nero. Questo tipo di espressione artistica, sebbene contestabile, ha trovato spazio nei cortei degli anni ’70, dove simili atti non erano rari.
Tensioni e scontri con la polizia
La manifestazione ha preso una piega più violenta quando, nei pressi di piazza Castello, alcuni manifestanti hanno lanciato un ordigno rudimentale contro le forze dell’ordine. Questo atteggiamento ha portato a una reazione immediata da parte della polizia, che ha cercato di contenere gli scontri. Circa venti agenti sono stati costretti a ricevere cure mediche dopo essere stati investiti da una nube di gas urticante, utilizzato come risposta a una situazione sottovalutata.
Fino a quel momento, il corteo si era svolto senza grossi problemi, anche se la tensione era palpabile. La trasformazione del clima da manifestazione pacifica a scontro aperto ha sorpreso molti osservatori. L’episodio ha riacceso memorie storiche di scontri avvenuti durante i giorni di piombo, facendo rimanere in silenzio tanti testimoni, richiamati dal ricordo di quegli anni bui.
Le espressioni di rabbia e il cambio degli slogan
L’evoluzione della manifestazione ha portato a un cambiamento netto nei contenuti espressi. Gli slogan, inizialmente focalizzati sulla Palestina, hanno virato rapidamente verso frasi di contestazione alla polizia, con il coro “Tout le monde déteste la police” che ha risuonato tra i partecipanti. La foga dei manifestanti ha ulteriormente intensificato la tensione. A testimonianza di questo cambio di rotta, l’inquietante atto di bruciare un fantoccio con la fotografia del ministro della pubblica istruzione Valditara non ha fatto altro che alimentare il clima di rivolta.
Durante l’avanzata verso il centro, i manifestanti sono stati coinvolti in atti vandalici contro sedi bancarie e istituzionali. Questi eventi sono messi in risalto da un contesto sociale sempre più teso, dove la sensazione di frustrazione è evidente, e i messaggi di protesta sempre più sfumati e complessi.
Le fasi finali della protesta
I manifestanti, continuando il loro percorso, hanno raggiunto alcune delle icone culturali di Torino, come la Mole Antonelliana, dove hanno strappato la bandiera italiana per issare quella palestinese. Tale gesto rappresenta un simbolo forte e chiaro della posizione assunta dai manifestanti.
Purtroppo, la manifestazione è stata segnata anche dalla distruzione di beni, con l’assalto a veicoli delle forze dell’ordine e irruzioni in attività commerciali come un fast food, lasciando un segno profondo nella città. La protesta ha avuto infine termine presso Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, un luogo simbolo di contestazione e conflitto negli anni passati.
Negli ambienti accademici e nei centri di discussione, si continua a discutere su come la storia e le sue rappresentazioni possano influenzare i movimenti contemporanei, portando a interrogarsi su quale futuro possa avere il dibattito politico e sociale in Italia.
Ultimo aggiornamento il 15 Novembre 2024 da Laura Rossi