La situazione di Napoli è in continua evoluzione, evidenziando il bisogno di un cambiamento profondo nella comunità locale. Recentemente, l’arcivescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia, ha sollevato questioni cruciali durante la celebrazione dei funerali del ragazzo di 15 anni, Emanuele Tufano, vittima di una sparatoria. Le sue parole hanno messo in luce la necessità di una cooperazione tra le istituzioni e la società civile per affrontare una realtà difficile, segnata dalla violenza giovanile e dalla mancanza di supporto.
Una comunità in lutto
L’arcivescovo Battaglia ha parlato con grande empatia riguardo all’assenza delle istituzioni durante il funerale di Emanuele Tufano. Questo evento tragico ha acceso i riflettori su una gioventù che si trova spesso coinvolta in contesti degradati e violenti, come dimostrato dallo stesso fatto di sangue avvenuto il 24 ottobre su Corso Umberto. La mancanza di rappresentanza da parte delle autorità ha sollevato interrogativi su come le istituzioni stiano affrontando la crisi giovanile. L’arcivescovo ha enfatizzato la necessità di costruire una rete solida, capace di accogliere e sostenere i giovani, per prevenire ulteriori tragedie.
Il valore del patto educativo
In occasione della conferenza stampa per il lancio di progetti di welfare realizzati dalla Chiesa di Napoli e dalla Fondazione “Con il Sud”, Don Mimmo ha ribadito l’importanza del “patto educativo”. Questo accordo, sostenuto da diverse istituzioni locali, intende creare un ambiente sano e inclusivo per i ragazzi di Napoli. Nonostante le difficoltà e le sfide incontrate nel corso di questo percorso, l’arcivescovo ha sottolineato che l’impegno continua: “Il patto educativo non si è mai fermato, sta andando avanti con determinazione.” Ogni azione intrapresa è vista come fondamentale per far tornare il dialogo e l’attenzione verso le nuove generazioni.
La prospettiva della solidarietà
Battaglia ha colto l’opportunità di parlare a San Sebastiano al Vesuvio occasionando una veglia per il giovane Santo Romano, vittima di un omicidio simile, avvenuto, anch’esso, alla fine di ottobre. La partecipazione massiccia di giovani a questo evento ha spinto l’arcivescovo a intercedere: “Questi ragazzi devono essere ascoltati e supportati.” È una questione di responsabilità collettiva e condivisione, secondo Battaglia, la cui dichiarazione più incisiva risuona nel richiamo alla solidarietà come strumento primario per ritrovare la credibilità delle istituzioni stesse.
Reti e comunità: un messaggio di speranza
Don Mimmo ha esplicitamente distinto tra il concetto di rete e ciò che definisce una “ragnatela”. Il primo rappresenta un sistema di supporto e fiducia, in grado di restituire dignità alla vita dei giovani. La ragnatela, in contrapposizione, simboleggia una condizione di isolamento e impotenza. Le sue parole fungono da invito a investire nella costruzione di relazioni che possano riempire quel vuoto che, purtroppo, consente a comportamenti violenti e distruttivi di avere terreno fertile. Mettendo al centro le competenze relazionali, si cerca di offrire ai giovani non solo un sostegno morale ma anche opportunità concrete per un futuro migliore.
L’arcivescovo ha infine rivolto un invito a tutti, credenti e non, auspicando una maggiore coesione sociale. La richiesta non è solo quella di un confronto, ma di un impegno attivo nella creazione di spazi sicuri e accoglienti, dove i giovani possano trovare il loro posto e riconoscere il proprio valore. La comunità è chiamata a riunirsi, ad ascoltare e a rispondere a queste sfide con creatività e determinazione.
Ultimo aggiornamento il 8 Novembre 2024 da Marco Mintillo