Faida di camorra a Ponticelli: escalation di violenza si trasferisce nel carcere di Terni

La guerra tra i clan di Ponticelli si intensifica con aggressioni in carcere e il rapimento di Renato Audino, evidenziando la crescente violenza e l’omertà nella criminalità organizzata napoletana.
Faida Di Camorra A Ponticelli3A Faida Di Camorra A Ponticelli3A
Faida di camorra a Ponticelli: escalation di violenza si trasferisce nel carcere di Terni - Gaeta.it

La tensione tra i clan di Ponticelli, che da anni si fronteggiano in una guerra di potere e controllo, ha recentemente subito un ulteriore innalzamento. Alcuni tra i principali esponenti coinvolti sono stati trasferiti nel carcere di Terni, dove si sono verificati episodi di violenza che lasciano trasparire un clima di inquietudine crescente. In questa situazione, Francesco Audino, noto come “o cinese”, e Salvatore De Martino, proveniente dalla famiglia De Martino, sono al centro di una spirale di aggressioni e rappresaglie che evidenziano i legami tra criminalità e detenuti.

Il contesto della violenza carceraria

Nel mese di luglio, si è verificata un’aggressione in carcere che ha visto coinvolto Salvatore De Martino, facendo riemergere antiche rivalità tra i gruppi di Ponticelli. Il “cinese” è stato identificato come uno dei partecipanti all’aggressione, dando così il via a una reazione a catena che ha richiamato l’attenzione delle autorità. Con il diplomarsi di un clima già teso all’interno del penitenziario, è evidente che il malcontento tra i seggi delle due famiglie è palpabile e sta trovando sfogo all’interno delle mura carcerarie.

Il mese successivo all’aggressione ha portato a un evento chiave: il rapimento di Renato Audino, fratello di Francesco. Il clan De Micco-De Martino ha deciso di prendere misure drastiche per garantire la sicurezza del giovane rampollo, che nel carcere si trovava in una condizione di minoranza. L’operazione di prelievo del fratello di Audino è avvenuta in pieno giorno, in un bar di Cercola, con quattro membri del clan all’opera, mostrando come la criminalità riempia ogni angolo della vita quotidiana.

Il rapimento e le indagini successive

Il sequestro di Renato Audino, avvenuto il 27 agosto, ha coinvolto tre uomini armati, tra cui Romualdo Amitrano e Alessio La Volla, entrambi collegati al clan De Micco. Il rapimento è stato condotto con violenza, costringendo l’uomo a salire su un’auto sotto minaccia. L’azione del commando culminava in un caso di violazione della libertà personale e ha sollevato immediatamente la risposta delle forze dell’ordine, sempre attive nel contrasto della criminalità organizzata.

Dopo circa un’ora di terrore, Renato è stato liberato, ma, nonostante la situazione drammatica, ha rifiutato inizialmente di collaborare con gli inquirenti. Questo comportamento evidenzia la persistenza della paura e dell’omertà che caratterizzano questi ambienti. Le indagini hanno comunque portato all’emissione di misure restrittive nei confronti di Amitrano e La Volla, con pesanti implicazioni per i loro legami familiari con il clan.

Il legame di Amitrano con Domenico, un noto ras, e il tatuaggio di La Volla, testimone di una lealtà nei confronti del clan, pongono in evidenza una rete di relazioni che si estende oltre il singolo episodio di violenza. È chiaro che le radici di questa battaglia si trovano in un passato complesso, dove le alleanze e le vendette tessono una trama intricata tra bande rivali.

La testimonianza di Renato Audino e il clima di omertà

Il racconto di Renato Audino ai carabinieri offre uno spaccato inquietante della realtà napoletana e della criminalità organizzata. Nonostante avesse ben chiaro il volto dei suoi aguzzini, ha scelto di mantenere il silenzio. La paura per se stesso e per la sua famiglia è palpabile, così come il terrore di possibili ritorsioni da parte dei clan avversari.

Le dichiarazioni, riprese da Il Roma, chiariscono ulteriormente il clima di omertà: “Voi sapete chi sono, io non vi dico niente.” Questo atteggiamento riporta alla luce una questione più ampia, quella dell’influenza che le famiglie criminali esercitano sulla vita quotidiana di chi è costretto a convivere con loro. Renato descrive i suoi aguzzini con nonchalance, evidenziando che nessun messaggio potrà mai essere trasmesso senza gravi conseguenze.

Un’immagine di impotenza e paura emerge chiaramente dal suo racconto: “Se non parlo, non è omertà. Non devo niente a nessuno.” Le sue parole rispecchiano la complessità della situazione, non solo a livello personale ma anche nel contesto di una comunità che risente della pressione dei gruppi militanti. I carabinieri, massicciamente coinvolti nelle indagini, continuano a lavorare su questa piaga, mettendo in evidenza la necessità di un’azione ferma e decisa contro la criminalità organizzata che affligge la zona di Napoli Est.

Ultimo aggiornamento il 17 Novembre 2024 da Armando Proietti

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gestione cookie