Ingiunzione giudiziaria per scarico di carbone: la difesa della centrale elettrica di Fiume Santo

Il processo contro sei dipendenti della centrale di Fiume Santo riguarda accuse di scarico non autorizzato di carbone in mare, sollevando preoccupazioni sulla gestione ambientale e la compliance normativa.
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Ingiunzione giudiziaria per scarico di carbone: la difesa della centrale elettrica di Fiume Santo - (Credit: www.ansa.it)

La questione della gestione ambientale e della sicurezza relative allo scarico di carbone nella centrale elettrica di Fiume Santo continua a destare preoccupazione e attenzione pubblica. All’udienza del tribunale di Sassari, alcuni dipendenti dell’impianto sono stati chiamati a rispondere riguardo accuse di scarico non autorizzato di carbone in mare, sollevando questioni sulla compliance normativa e le operazioni di controllo ambientale.

Dettagli sul processo e le accuse

Il processo che coinvolge sei dipendenti della centrale di Fiume Santo prende avvio da presunti incidenti avvenuti tra il 2000 e il 2018, quando sarebbero stati riversati circa 1.350 metri cubi di carbone nel mare. Antonio Sanna, uno degli imputati, ha affermato di non aver mai assistito a episodi di scarico irregolare durante le operazioni. Sanna, insieme ai colleghi Daniele Derosas, Salvatore Fois, Franco Angioni, Ruggero Lai e Piero Gianfranco Soggia, sta affrontando accuse serie. Tutti sono assistiti dagli avvocati Luigi Conti e Giuseppe Conti, mentre l’avvocato di parte civile Stefano Bionda e il pubblico ministero Antonio Piras hanno partecipato all’udienza.

Nel corso dell’interrogatorio, Sanna ha descritto in dettaglio il processo di scarico del carbone dalle navi, rivelando come il prodotto venisse trasferito tramite un nastro trasportatore fino al carbonile della centrale. Ha anche spiegato il funzionamento del sistema di contenimento delle polveri e l’utilizzo di attrezzature specializzate, come una benna semi ermetica e paratie, intese a minimizzare le eventuali dispersioni nell’ambiente. Complici i continui controlli operati dall’Ispra, Sanna ha affermato che non sono state mai riscontrate irregolarità.

Le evidenze emerse e le misure correttive

Nel 2017, la situazione ha attirato l’attenzione delle autorità ambientali quando alcuni sommozzatori, impegnati nel monitoraggio della banchina, hanno notato la presenza di carbone sul fondale. Di fronte a questa scoperta, i gestori della centrale si sono attivati prontamente per informare le autorità competenti e avviare la bonifica del sito interessato. L’accaduto ha portato all’emanazione di un’ordinanza della Capitaneria, che ha introdotto prescrizioni specifiche, come l’imposizione di zatterine da collocare attorno alle navi addette al trasporto del carbone, per evitare ulteriori dispersioni.

Il recupero del carbone disperso è stato completato in seguito, con il materiale catalogato dal ministero dell’Ambiente come rifiuto speciale, imponendo quindi un ulteriore vincolo di gestione e smaltimento. Questi fatti hanno messo in luce la complessità della gestione operativa di impianti industriali in contesti marittimi, dove le normative devono essere scrupolosamente seguite per prevenire impatti ambientali.

Aggiornamenti futuri del processo

L’udienza è stata rinviata al 18 febbraio, data in cui si prevede di ascoltare alcuni testimoni della difesa. L’approfondimento di questi elementi sarà cruciale per valutare l’operato dei dipendenti coinvolti e garantire l’applicazione delle normative vigenti in materia di sicurezza e tutela ambientale.

Il tribunale continua a monitorare la situazione con attenzione, tenendo presente le implicazioni che le decisioni e le eventuali responsabilità legali possono avere non solo sui singoli imputati, ma anche sull’intera comunità e sull’ambiente circostante. Mentre il procedimento giudiziario avanza, l’interesse pubblico rimane alto, così come la necessità di garantire che le pratiche industriali si allineino con le aspettative normative e le esigenze di protezione ambientale.

Ultimo aggiornamento il 22 Ottobre 2024 da Sara Gatti

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