La storia di Suada Hadzovic: senza nazionalità e prigioniera in Italia

La storia di Suada Hadzovic, 32enne apolide di Albano Laziale, evidenzia le gravi lacune della burocrazia italiana che la priva di diritti e cittadinanza nonostante la sua vita in Italia.
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La storia di Suada Hadzovic: senza nazionalità e prigioniera in Italia - Gaeta.it

Suada Hadzovic è una giovane donna di 32 anni che vive una condizione unica e drammatica, legata alla burocrazia italiana e all’assenza di un riconoscimento della sua nazionalità. Nata e cresciuta ad Albano Laziale da genitori serbi, Suada si trova a non avere né la cittadinanza italiana né quella serba, risultando quindi una persona apolide. La sua situazione evidenzia le difficoltà di un sistema burocratico che, in questo caso, non è riuscito a trovare una soluzione a un evidente paradosso.

L’infanzia e le difficoltà di Suada Hadzovic

La storia di Suada inizia il 21 ottobre 1992 ad Albano Laziale, dove è venuta al mondo da genitori serbi entrambi originari di territori che oggi fanno parte della Repubblica di Serbia. Suo padre, nato nel 1975, è deceduto prematuramente quando Suada aveva solo 8 anni. La morte del genitore ha portato la madre a prendere una decisione difficile: affidare Suada a una casa famiglia, la Comunità 21 Marzo di Terracina. Affidata a una tutrice legale, Suada vive in questo contesto fino all’età di 14 anni, quando viene trasferita in un altro istituto, la Comunità Domus Bernadette, a Roma.

Questa esperienza segna profondamente la giovane ragazza, costretta a vivere in strutture dedicate a minori in difficoltà. Durante questi anni, i legami familiari e la ricerca di una stabilità diventano priorità nella vita di Suada, che cerca di costruirsi un futuro nonostante le incertezze che la circondano. Con il passare del tempo, il legame con l’istituzione e il ruolo della tutrice legale diventano fondamentali, poiché quest’ultima gioca un ruolo cruciale nella sua maturazione e nelle decisioni che si presenteranno in futuro.

L’incertezza burocratica e la perdita di diritti

Al compimento dei 18 anni, Suada Hadzovic si trova in una posizione che potenzialmente le consente di richiedere la cittadinanza italiana, secondo quanto stabilito dalla legge 91 del 1992. Tuttavia, la mancanza di comunicazione da parte del Comune di Roma, che avrebbe dovuto inviarle una notifica sei mesi prima che compisse la maggiore età, gioca un ruolo devastante nella sua vita. La tutrice legale, pur avendo la responsabilità di informarla, non riesce a garantire che Suada possa esercitare il suo diritto.

Al raggiungimento del diciannovesimo anno, Suada ha perso automaticamente ogni diritto alla cittadinanza italiana, rimandando ulteriormente la sua situazione a un ingorgo burocratico senza apparente via d’uscita. In seguito, nel 2010, ottiene un permesso di soggiorno, ma con un errore cruciale: il documento la identifica erroneamente come cittadina serba. Questa etichetta, che sembra risalire alle origini dei genitori, la lascia in un limbo giuridico.

Un paradosso di cittadinanza

La questione si complica ulteriormente quando, interpellata, l’Ambasciata della Serbia in Italia comunica ufficialmente che Suada Hadzovic non è considerata cittadina serba. Non solo ha vissuto in Italia per tutta la vita, ma non ha mai messo piede nella nazione di origine dei suoi genitori. Questo fatto accentua l’assurdità della situazione: Suada è priva di nazionalità e vive in uno stato di vera e propria apolidia.

I suoi tentativi di risolvere questa situazione sono stati numerosi e variegati. Suada e i suoi legali hanno presentato istanze per ottenere la cittadinanza per residenza e richieste per essere riconosciuta come apolide da parte dello Stato italiano. Le risposte ricevute, però, sono state negative, con sentenze che non offrono soluzioni concrete.

La condizione attuale di Suada

Oggi, a 32 anni, Suada vive in un paradosso giuridico. Non ha modo di viaggiare al di fuori dei confini italiani, né di godere dei diritti e delle libertà che una cittadinanza regolare comporta. Il suo documento d’identità continua a riportare la dicitura “non valida per l’espatrio”, un marchio che evidenzia la sua condizione di isolamento. I legami che ha costruito in Italia, tra cui un compagno e un figlio italiani, non le conferiscono alcuna garanzia di stabilità giuridica.

La sua attesa di una risoluzione continua. Suada ricerca costantemente nuove possibilità legali e aspetta di esporre il proprio caso a un nuovo legale, nella speranza di fare finalmente un passo verso la libertà che le è stata negata per troppi anni. Una questione burocratica ha così avuto ripercussioni enormi sulla vita di una persona, rendendola prigioniera in un Paese nel quale è nata e vissuta, ma che non la riconosce come cittadina.

Ultimo aggiornamento il 15 Novembre 2024 da Armando Proietti

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