Un’indagine recente condotta da ManpowerGroup, il Global Talent Barometer, ha rivelato che oltre un lavoratore su tre in Italia, precisamente il 36%, sta valutando l’idea di lasciare il proprio impiego entro sei mesi. Sebbene la spinta a cambiare lavoro sia diminuita rispetto ai periodi successivi alla pandemia, il desiderio di cercare nuovi orizzonti professionali resta significativo. Il rapporto mette in evidenza come sia essenziale per le aziende creare ambienti di lavoro che rispondano a esigenze più ampie rispetto al semplice stipendio, in un contesto caratterizzato da carenza di talenti e disallineamento delle competenze.
Il cambiamento nella relazione tra lavoratori e datori di lavoro
Anna Gionfriddo, amministratore delegato di ManpowerGroup Italia, evidenzia un significativo cambiamento nella relazione tra lavoratori e aziende. “Il rapporto tra persone e aziende si sta evolvendo rapidamente”, afferma Gionfriddo, rimarcando come le aziende non possano più contare esclusivamente su stipendi competitivi per trattenere i talenti. Nella realtà attuale, i lavoratori cercano maggiore equilibrio tra vita personale e professionale, oltre a opportunità di crescita e un ambiente lavorativo empatico. Anche se il 75% degli intervistati sente di avere uno scopo nel proprio lavoro, il dato indica che un senso di realizzazione da solo non basta a garantire la retention dei talenti.
Secondo Gionfriddo, le organizzazioni che investono nella creazione di ambienti di lavoro più accoglienti e umani non solo attraggono e trattenendo i migliori talenti, ma incoraggiano anche l’innovazione e la creatività all’interno delle proprie squadre. Questo approccio risulta cruciale in un contesto in cui molte persone si sentono stressate e insoddisfatte dai loro attuali ruoli professionali. L’analisi mostra chiaramente che le aspettative dei lavoratori si sono ampliate oltre la mera retribuzione: da maggiore supporto, a opportunità formative concrete, fino a una cultura aziendale che promuova il benessere.
La tensione nel mondo del lavoro e il desiderio di maggiore equilibrio
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca è il crescente desiderio dei lavoratori italiani di lavorare meno ore. Il 67% dei rispondenti ha espresso il desiderio di trovare un equilibrio migliore tra lavoro e vita privata. Nonostante il 57% degli intervistati abbia dichiarato di sentirsi supportato dai propri manager nei percorsi di sviluppo professionale, questo numero risulta piuttosto basso rispetto a contesti internazionali, suggerendo una necessità di miglioramento nelle pratiche di gestione e nei programmi di sviluppo delle risorse umane.
Le possibilità di avanzamento sembrano essere una preoccupazione significativa: il 68% dei partecipanti crede di avere opportunità di crescita professionale, ma solo il 53% ritiene che queste opportunità siano concretamente realizzabili. Con ben un italiano su quattro che non si sente sicuro della propria posizione lavorativa e teme di dover cambiare lavoro nei prossimi sei mesi, è essenziale per le aziende ascoltare questo malcontento e agire di conseguenza. La ricerca suggerisce che senza un intervento immediato e mirato, il rischio di una fuga di talenti rappresenta una realtà tangibile per molte organizzazioni.
Differenze regionali e generazionali nel mercato del lavoro
Il Global Talent Barometer ha messo in luce anche significative differenze territoriali nel rapporto con il lavoro. Nel Sud Italia e nelle Isole, la percezione di instabilità professionale è più alta, con il 30% degli intervistati che teme di dover lasciare il proprio impiego. In confronto, le regioni del Nord mostrano dati più incoraggianti, con solo il 24% di timori nel Nordovest e un 22% nel Nordest. Inoltre, le persone nel Centro Italia manifestano una maggiore fiducia nella possibilità di migliorare le proprie competenze e nel proprio percorso di carriera.
Anche le differenze generazionali influenzano notevolmente le percezioni lavorative. La Generazione Z appare come la più vulnerabile al malessere lavorativo, con un 57% che ha segnalato alti livelli di stress e un forte desiderio di cambiare lavoro . Al contrario, i Millennial mostrano un quadro più ottimista, con il 60% che vede buone prospettive di avanzamento. Questo mette in luce la necessità per le aziende di adattare le loro strategie di retention e sviluppo delle risorse in base alle diverse aspettative e necessità delle generazioni presenti nel mercato del lavoro. I settori più colpiti dallo stress includono i servizi e la sanità, con il 61% e il 59%, mentre chi lavora nel settore della logistica e trasporti sembra affrontare meno pressioni, con solo il 38% di stress riferito.
Ultimo aggiornamento il 16 Novembre 2024 da Laura Rossi