La recente sentenza del Gup di Napoli ha portato a una condanna significativa riguardo all’omicidio di Domenico Attianese, un poliziotto ucciso nel 1986 mentre tentava di fermare una rapina. La condanna di Giovanni Rendina, complice di Salvatore Allard, segna un passo importante nella giustizia per un crimine che ha scosso la comunità napoletana. Entrambi gli imputati, responsabili di un omicidio pluriaggravato, sono stati al centro di un processo che ha riacceso l’attenzione su eventi drammatici e sulle conseguenze di tali atti.
I dettagli della condanna di Rendina
Il Gup Rosamaria De Lellis ha emesso la sentenza a carico di Giovanni Rendina, condannato a 30 anni di reclusione. Questa decisione è il risultato di un processo svoltosi con il rito abbreviato, una modalità che prevede una riduzione della pena in cambio di un’ammissione di colpa o di un fatto già accertato. La condanna di Rendina, oltre a quella già inflitta a Salvatore Allard, avvenuta lo scorso 23 luglio, evidenzia la gravità del reato e il suo impatto sulla società. Il fatto che la sentenza per Rendina sia stata rimandata rispetto a quella di Allard è dovuto all’assenza dell’imputato in aula, causata da motivi di salute.
La Procura di Napoli, rappresentata dal pm Maurizio De Marco, aveva chiesto una pena di 30 anni per entrambi gli imputati, richiesta accolta dal giudice. Per permettere una giusta valutazione delle condizioni di Rendina, il giudice ha disposto una perizia psichiatrica che ha stabilito la sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. Questa perizia è stata fondamentale per orientare la decisione finale del Gup.
Le reazioni della famiglia Attianese
La sentenza ha suscitato forti emozioni, in particolare tra i familiari di Domenico Attianese. Carla Attianese, figlia del poliziotto ucciso, ha espresso il suo sollievo e la sua soddisfazione per l’esito del processo. Le sue parole hanno rivelato un mix di dolore passato e una speranza per un futuro più sereno. Carla, commossa, ha dichiarato che questa sentenza rappresenta un passo importante non solo per la sua famiglia, ma per l’intera società, colpita da eventi così drammatici e dalla violenza.
Ha inoltre ringraziato i colleghi del padre, che sono intervenuti in aula per mostrare solidarietà, così come il procuratore Gratteri e il pm Maurizio De Marco, per il supporto nel difficile cammino verso la giustizia. L’impatto della sentenza va oltre il mero aspetto legale e si riflette su una comunità intera, in cerca di risposte e di giustizia per crimini commessi nel passato che continuano a lasciare cicatrici.
L’eco di un passato doloroso
La condanna di Rendina riporta alla luce un episodio che ha segnato la storia della criminalità a Napoli. L’omicidio di Domenico Attianese è un ricordo vivo per molti, e ogni passo verso la giustizia rappresenta un’importante tappa per riflettere sul significato di sicurezza e legge. Questo caso, avvenuto quasi 38 anni fa, rappresenta non solo il dramma personale della famiglia Attianese ma anche una chiamata all’azione per le istituzioni e la comunità.
Il fatto che tali crimini possano essere affrontati e puniti è una speranza per tutti coloro che desiderano una società più giusta. Ogni passaggio nella giustizia non porta con sé solo conseguenze legali, ma influisce profondamente su famiglie e individui, molti dei quali continuano a cercare risposte e a combattere per la verità. L’attenzione su questo caso rimarrà alta, mentre la giustizia prosegue il suo cammino, in un contesto in cui la memoria e la ricerca della verità continuano a esercitare un potere significativo.
Ultimo aggiornamento il 18 Novembre 2024 da Donatella Ercolano