Pestaggi al carcere di Santa Maria Capua Vetere: testimoni rivelano violenze da parte della polizia penitenziaria

Il maxi-processo sui presunti abusi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere rivela testimonianze inquietanti, tra cui quella di Raffaele Romano, che documenta violenze e maltrattamenti subiti dai detenuti.
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Pestaggi al carcere di Santa Maria Capua Vetere: testimoni rivelano violenze da parte della polizia penitenziaria - Gaeta.it

La recente udienza del maxi-processo per i presunti abusi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ha suscitato interesse poiché ha portato alla luce testimonianze inquietanti sui maltrattamenti inflitti ai detenuti nel Reparto Nilo. L’evento è avvenuto il 6 aprile 2020 e ha coinvolto diversi agenti di polizia penitenziaria accusati di aver agito in modo violento contro i prigionieri. Raffaele Romano, uno dei detenuti coinvolti nei fatti, ha condiviso la sua esperienza di violenza, offrendo uno spaccato drammatico della realtà carceraria.

La testimonianza di Raffaele Romano

Durante il processo, Raffaele Romano ha narrato i momenti di terrore che ha vissuto nel carcere. Raccontando di come alcuni agenti lo abbiano salvato mentre altri lo picchiavano con manganelli. L’ex detenuto, che ha trascorso un periodo di detenzione fino al 2023, ha dichiarato di non essersi mai costituito parte civile nel caso né di aver sporto denuncia, ma ha deciso di testimoniare in aula per raccontare la verità.

Romano ha portato con sé delle fotografie che documentano le lesioni subite, scattate dalla moglie durante una videochiamata dopo l’incidente. Queste immagini, mai presentate precedentemente alle autorità, sono state acquisite dalla Procura e mostreranno uno scenario allarmante. Il testimone ha descritto il pestaggio subito, in particolare da un gruppo di agenti, mentre cercava di uscire dalla sala socialità, evidenziando la brutalità del trattamento.

Dettagli delle violenze nel carcere

Secondo il racconto di Romano, è stato aggredito da un gruppo di 4-5 agenti, i quali lo hanno colpito ripetutamente, causando gravi ferite. Ha specificato che uno degli agenti, solitamente suo capo-spesa, ha avuto un ruolo determinante nel tirarlo fuori dal gruppo di violenti. Questo episodio sottolinea non solo la paura che regna tra i detenuti, ma anche le dinamiche di potere e violenza che possono emergere in contesti carcerari.

Il fatto che Romano non si sia costituito come parte civile e non abbia mai sporto denuncia apre delle questioni profonde sui timori che molti detenuti possono avere nell’esporsi. Le pressioni nel contesto carcerario, le conseguenze sociali e la paura di ritorsioni possono contribuire a silenziare le vittime, rendendo ancor più difficile l’accesso alla giustizia.

L’importanza delle immagini come prova

Le fotografie delle lesioni subite da Romano potrebbero rivelarsi cruciali non solo per la sua testimonianza, ma anche per il procedimento giudiziario in corso. La Procura ha già acquisito le immagini, di grande valore per comprendere la verità su quanto accaduto. Questi elementi visivi potrebbero dimostrare l’entità delle violenze subite e contribuire a invalidare eventuali difese degli agenti accusati. L’udienza ha messo in evidenza non solo le gravi accuse, ma anche il contesto in cui queste violenze sono state perpetrate.

La testimonianza di Romano rappresenta un tassello importante in un processo che cerca di fare chiarezza sulle dinamiche interne al carcere di Santa Maria Capua Vetere e di garantire che simili episodi di violenza non rimangano impuniti. Con diversi testimoni che continuano a condividere le loro esperienze, il caso rimane sotto la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica e delle istituzioni concernenti la disciplina penitenziaria.

Ultimo aggiornamento il 18 Novembre 2024 da Armando Proietti

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