Il processo riguardante le presunte torture inflitte ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere nel 2020 si avvicina a una fase cruciale. All’epoca, il contesto era caratterizzato da proteste e rivolte all’interno degli istituti penitenziari italiani a causa del lockdown imposto dalla pandemia di Covid-19. L’inchiesta coinvolge 105 imputati, tra cui agenti della polizia penitenziaria, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’Asl di Caserta. Ultimamente, durante le udienze, il dibattito ha messo in luce testimonianze che sembrano contraddire le tesi accusatorie.
Testimoni e dichiarazioni: una visione diversa delle torture
Nelle ultime audizioni, diversi testimoni che hanno scontato la pena nel carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno espresso le loro esperienze, offrendo una prospettiva alternativa rispetto alle affermazioni della parte accusatrice. Molti di questi testimoni non fanno parte del gruppo di oltre 150 detenuti che si sono costituiti parte civile, ma la loro testimonianza potrebbe rivelarsi determinante nel proporre un quadro più complesso della situazione.
Uno dei testimoni, Raffaele Romano, ha parlato in aula degli agenti Giuseppe Gaudiano e Alessio De Simone, dichiarando di aver ricevuto aiuto ed essere stato portato via da un gruppo di agenti pesantemente equipaggiati. Le sue parole sembrano sostenere che non tutti gli agenti hanno partecipato alle violenze e, anzi, alcuni sono stati protagonisti di atti di protezione nei confronti dei detenuti.
Interventi di protezione durante le violenze
Altri testimoni hanno confermato la presenza di agenti che hanno cercato di proteggere i detenuti dalla brutalità. Il teste nigeriano Okoli Pedro Uch ha descritto l’ispettore Salvatore Mezzarano come un protettore. Secondo Uch, Mezzarano presumeva di fermare le aggressioni ordinando ai suoi colleghi di non colpire. Durante il controesame, l’avvocato difensore di Mezzarano, Edoardo Razzino, ha mostrato video che ritraggono l’ispettore mentre interveniva in situazioni critiche, momento in cui Uch ha potuto riconoscerlo come colui che lo proteggeva. Questi dettagli potrebbero sfumare le gravi accuse mosse verso Mezzarano e altri agenti.
Un altro testimone, Ismaila Futa, ha aggiunto ulteriore peso alle difese, raccontando che Mezzarano stava tentando di fermare le violenze mentre veniva picchiato da poliziotti provenienti da altri istituti penitenziari. Anche Pasquale Bottone ha confermato di essere stato aiutato dall’ispettore, che ha urlato ordini di fermarsi per proteggerlo dalle aggressioni.
Le dinamiche del carcere durante il lockdown
La situazione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere durante il lockdown era un microcosmo di tensione e conflitto. Le restrizioni legate al Covid-19 avevano amplificato i malcontenti tra i detenuti, portando a rivolte e disordini. Questo contesto ha reso ancora più complessa la gestione della sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie.
Le testimonianze presentate nel corso del processo offrono uno spaccato di come gli agenti di polizia penitenziaria hanno affrontato non solo le problematiche di ordine interno, ma anche le conseguenze delle loro azioni nei confronti dei detenuti. Nonostante molti agenti siano accusati di violenza, le dichiarazioni dei testimoni hanno mostrato anche figure di protezione e intervento a favore dei diritti dei detenuti. L’equilibrio tra ordini e giustizia, sempre delicato in contesti penitenziari, è ora al centro di un confronto giuridico di fondamentale importanza.
In attesa che il processo giunga alla sua conclusione, le testimonianze ascoltate in aula potrebbero influenzare in modo significativo le dinamiche legali e le percezioni collettive riguardo i diritti dei detenuti e le responsabilità di chi gestisce gli istituti penitenziari.
Ultimo aggiornamento il 20 Novembre 2024 da Armando Proietti