Un attacco aereo condotto dall’aviazione israeliana ha colpito un appartamento residenziale nell’area di Dawhet Aramoun, a sud di Beirut, all’alba di oggi. L’agenzia di stampa libanese Nna riporta che l’attacco ha provocato diversi feriti e un bilancio tragico di sei morti, secondo quanto comunicato dal ministero della Sanità libanese. L’operazione militare si inserisce in un contesto di escalation tra Israele e Hezbollah, con la crescente tensione nella regione che preoccupa la comunità internazionale.
Ordini di evacuazione per i civili a Beirut
A seguito degli attacchi aerei, l’esercito israeliano ha emesso nuovi ordini di evacuazione per i residenti di sei edifici situati nella periferia meridionale di Beirut. Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane , il colonnelo Avichay Adraee, ha diffuso mappe dettagliate attraverso i social media, invitando i civili a mantenere una distanza di almeno 500 metri dai siti ritenuti bersagli militari. Questi avvertimenti sono parte di una strategia volta a minimizzare i danni collaterali, ma pongono un’enorme pressione sulla popolazione civile, già provata dalla guerra.
Le IDF hanno affermato di aver centrato l’azione su depositi di armi e centri di comando di Hezbollah, situati in aree densamente popolate. Le forze israeliane denunciano che Hezbollah sta utilizzando i civili come scudi umani, il che complica ulteriormente la situazione sugli spalti bellici. Le mappe rilasciate dall’IDF mostrano chiaramente le zone da evitare, esortando i civili a prendere seriamente in considerazione l’evacuazione.
L’operazione a Dawhet Aramoun e le successive misure preventive per i civili rispecchiano un segnale d’allerta crescente da parte di Israele. Le autorità israeliane si preparano a un conflitto prolungato, mirando a colpire in profondità la rete di Hezbollah per ridurre le capacità operative del gruppo militante libanese.
Attacco a Gaza City e il massacro del 7 ottobre
In un altro sviluppo, le Forze di Difesa israeliane hanno annunciato l’eliminazione di un miliziano associato al massacro del 7 ottobre durante un raid a Gaza City. L’obiettivo, identificato come Yasser Ghandi, secondo le IDF, era coinvolto nelle violenze di quel giorno. La militante cellula è stata colpita in un attacco aereo mirato nel quartiere di Shejaiya, evidenziando come le operazioni in corso non si concentrino solo sul Libano, ma si estendano anche alla Striscia di Gaza.
Questi eventi dimostrano l’intensificazione dei raid aerei da parte di Israele contro obiettivi specifici legati a Hamas e altre fazioni militanti nella regione. L’obiettivo è quello di indebolire la capacità operativa di queste organizzazioni e prevenire ulteriori attacchi.
Le famiglie degli ostaggi fanno pressioni su Biden e Trump
Mentre la situazione si complica, le famiglie degli ostaggi americano-israeliani, detenuti a Gaza, hanno esortato l’amministrazione Biden a collaborare con la futura amministrazione Trump per trovare una soluzione per il rilascio dei loro cari. Queste richieste sono arrivate dopo un incontro alla Casa Bianca tra i familiari degli ostaggi e alti funzionari del governo, tra cui il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.
Il padre di un ostaggio, Sagui Dekel-Chen, ha sottolineato l’urgenza di un accordo, avvertendo che se i negoziati si procrastinano fino all’ingresso ufficiale di Trump in carica, il rischio per la vita degli ostaggi aumenterebbe drasticamente. La situazione è critica, con i familiari che temono per la sicurezza dei loro cari, già da oltre 400 giorni in cattività.
Dekel-Chen ha espresso preoccupazioni riguardo alla mancanza di azione tempestiva da parte del governo israeliano per affrontare la questione. Le famiglie degli ostaggi intendono rimanere negli Stati Uniti per continuare a fare pressione sulle autorità e organizzare incontri con i futuri funzionari dell’amministrazione Trump, cercando di garantire attenzione mediatica e un’adeguata risposta diplomatica alla crisi umanitaria in corso a Gaza.
Ultimo aggiornamento il 13 Novembre 2024 da Marco Mintillo