La situazione dell’Associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo, storica realtà del centro sociale milanese, continua a destare attenzione. Il 10 dicembre 2024, un ufficiale giudiziario insieme agli avvocati della proprietà tenterà di eseguire uno sfratto che si protrae da anni. La recentissima decisione della Corte d’Appello di Milano ha dato un nuovo impulso alla vicenda, con il Viminale condannato a risarcire la società proprietaria, la Orologio della famiglia Cabassi, per il mancato supporto alle operazioni di sfratto.
Il contesto dello sfratto dell’associazione
Il Leoncavallo è un centro sociale fondato negli anni ’80 a Milano, conosciuto per la sua attività sociale e culturale. L’Associazione Mamme Antifasciste ha preso vita all’interno di questo spazio, ma il tempo trascorso non ha reso il suo status legale più sicuro. L’occupazione è avvenuta in un contesto in cui le autorità locali e statali hanno cercato di riportare ordine in situazioni simili, generando conflitto tra il desiderio di mantenere il centro sociale e il rispetto della proprietà privata.
Dal 2003, anni di battaglie legali si sono succeduti, culminando ora in un nuovo tentativo di sgombero. La Corte d’Appello ha recentemente emesso un verdetto, ribadendo la legittimità della proprietà, la quale chiede ora un risarcimento significativo, come conseguenza della mancata esecuzione dello sfratto. Questa sentenza mette in luce il complesso intreccio tra diritti legali e le pratiche di occupazione sociale, che si diffondono nelle città italiane.
La decisione della corte e le sue implicazioni
Il Viminale, in qualità di rappresentante delle forze dell’ordine, è stato ritenuto responsabile della mancata attuazione delle operazioni di sfratto dal 2003. Secondo la sentenza, questa azione non solo ha ostacolato i piani della società Orologio di riprendere possesso dell’immobile, ma ha anche generato ulteriori costi e disagi, portando a una condanna di tre milioni di euro. Questa somma, seppur significativa, non rappresenta il solo aspetto da considerare: il caso apre una discussione più ampia sul ruolo delle istituzioni nella gestione di situazioni di occupazione.
La condanna del Viminale mette in evidenza quanto possano essere fragili gli equilibri tra organizzazioni sociali e istituzioni, in un contesto dove la legge e la giustizia sembrano non sempre allinearsi. Mentre le associazioni continuano a rivendicare i loro spazi e diritti, la risposta dell’autorità sembra suggerire un cambio di rotta, obbligando a riconsiderare le strategie di intervento da parte delle forze dell’ordine.
Le reazioni e il sostegno all’associazione
In risposta alla situazione, il movimento di solidarietà continua a crescere attorno al Leoncavallo e alle sue associazioni, come testimoniato dal post diffuso il 30 ottobre. L’invito a “supportare le occupazioni” ha trovato eco tra i supporter del centro sociale e nella comunità più ampia, evidenziando la volontà di mantenere vivo un luogo considerato fondamentale per la cultura e la socialità milanese.
Questo sostegno popolare potrebbe influenzare ulteriormente le prossime mosse legali e politiche. È chiaro che il futuro dell’Associazione Mamme Antifasciste e del Leoncavallo rimane incerto, ma l’opinione pubblica si dimostra mobilitata e attenta a quanto accade.
La vicenda, intrisa di tensioni legali e sociali, rappresenta un microcosmo delle sfide contemporanee in Italia, dove le questioni di occupazione e diritto alla casa si intersecano con dinamiche più ampie di giustizia sociale e diritti civili.
Ultimo aggiornamento il 15 Novembre 2024 da Donatella Ercolano